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Apicoltura, nozioni pratiche

Mi è capitato più volte, qui e altrove, d’insistere sul ruolo che l’ebraismo, attraverso la voce di alcuni suoi protagonisti, uomini e donne, soprattutto donne, ha assunto nell’Italia unita a favore del mondo della scuola, in particolare della divulgazione letteraria e scientifica. Penso alle Storie della storia del mondo di Laura Orvieto, penso alla collana la Scala d’Oro, di cui era magna pars Giuseppe Morpurgo (futuro suocero di Primo Levi), che offriva versioni adattate in lingua moderna e sunti dei classici della letteratura. Penso alle raccolte di tradizioni popolari (la Gnora Luna di Ezio Levi; le antologie curate da D’Ancona). Generi di scrittura popolari, adatte all’adolescenza, dove le voci ebraiche sono state davvero centrali fino a costituire una sorta di monopolio editoriale.
Questa settimana ho letto un libro dove la mia ipotesi trova conferma. Lo ha scritto Marco Fiorentino che lo ha dedicato alla nonna Olga Lombroso Fiorentino (Una maestra di agraria nella Milano del primo ‘900, Zamorani). Qui l’opera di divulgazione è rivolta alle scuole professionali di agraria e i titoli da menzionare sono un fortunatissimo long seller, un manuale di Apicoltura (1932), poi soprattutto al best seller del dopoguerra, “L’enciclopedia delle 3 b d’oro”, un portale del sapere, una app ci scherza su l’autore. Olga Lombroso è una di quelle figure cresciute nella Milano riformista, filantropica e socialista dell’Umanitaria, delle Mariuccine, tesa a portare soccorso agli umili, all’infanzia abbandonata, ai poveri, agli emarginati. A differenza di altre coetanee, l’azione di Olga è tutta protesa verso il mondo agrario, verso le scuole professionali extra-urbane, le scuole di lavoro estive. Olga poco sopportava la metropoli. Una instancabile e lodevole forma di emancipazionismo anti-industriale assorbe le sue energie migliori, di derivazione socialista.
Il libro mette a nudo – l’autore vi accenna in modo sobrio, ma bisognerebbe ritornarvi – la mancanza di ogni soluzione di continuità fra quel vecchio mondo socialista turatiano e la figura della donna, sposa e madre esemplare, che il fascismo inizia a esaltare già sul finire degli anni Venti. Olga passa da una stagione all’altra senza porsi alcun problema di una maturazione politica in senso fascista o antifascista. La cosa potrebbe scandalizzare solo un ingenuo: per Olga prima di ogni altra cosa veniva l’aiuto da recare a chi aveva bisogno. La sua era una vocazione umanitaria, ispirata a criteri di umanità e di moralità prepolitici. Il nipote ha fatto un lavoro eccellente: ha ricostruito un percorso biografico che si snoda tra il 1891 e il 1978, data della morte avvenuta a Ivrea (in tempo utile ancora per vedere nell’esperienza di Adriano Olivetti i frutti di quella lontana stagione milanese di cui Camillo Olivetti era stato protagonista), ha raccolto tutta la documentazione che era possibile scovare negli archivi (anche svizzeri, nel periodo della fuga dall’Italia nazifascista), ha narrato gli avvenimenti con un tono sobrio, mai retorico, s’astenuto dal formulare giudizi ex post che altri avrebbe formulato. Il tutto in un libro di educazione domestica, un centinaio di pagine appena, ricco di scatti tratti dall’album di famiglia e della riproduzione di alcune tavole dell’Enciclopedia delle 3 b d’oro.
Ottocento pagine edite dalla casa editrice Labor, sempre vicina al partito socialista (1947, 1948, 1953). Le tre B stanno semplicemente per “buonamente, bella casa, brava donna”. Che barba, una quarta B, aggiungerà un recensore non malevolo. La tavola che chiude il libro di Marco Fiorentino mostra come un bambino piccolo dovrebbe essere allenato a fare esercizi ginnici in casa. Poco sopra le regole per la conservazione di un buon orto di famiglia. La storia tragica del 900 non è riuscita a scalfire il dialogo di Olga con i campi, con le scuole di agricoltura, le api e il miele. Un libro, questo di cui scriviamo, a suo modo poetico e al tempo stesso didascalico.

Alberto Cavaglion