Il mandato britannico
per la Palestina
Con due anni di ritardo è stato da poco ricordato il centenario della Conferenza di Sanremo, tenutasi dal 19 al 26 aprile 1920 con la partecipazione delle quattro grandi potenze del tempo (Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone), che istituì il mandato britannico sulla Palestina già ottomana, con il preciso compito di preparare – sulla base della Dichiarazione Balfour – la nascita dello Stato del popolo ebraico, una volta soddisfatte alcune condizioni di base.
In realtà, come sappiamo, le cose andarono in maniera assai diversa e fu necessario passare attraverso le terribili prove dei decenni successivi prima che lo Stato potesse nascere il 14 maggio 1948. Gli anni intercorsi tra la Conferenza di Sanremo e la nascita effettiva dello Stato d’Israele furono così sconvolgenti che nella memoria collettiva si è fissato il momento della proclamazione dello Stato d’Israele e si è in gran parte perduto quello che, dal punto di vista del diritto internazionale, dovrebbe essere considerato il momento in cui la creazione dello Stato ebraico passa dall’essere un programma politico a diventare una realtà internazionalmente riconosciuta.
Per ricostruire la genesi e il contenuto della Conferenza di Sanremo e le caratteristiche del mandato britannico per la Palestina abbiamo adesso un recente lavoro di David Elber, Il mandato per la Palestina, Salomone Belforte editore, con il significativo sottotitolo “Le radici legali dello Stato d’Israele”, che esplicita la principale tesi del libro: che lo Stato d’Israele trova la sua legittimità internazionale non tanto nella Risoluzione 181 del 29/11/1947 dell’Assemblea delle Nazioni Unite, bensì nelle decisioni della Conferenza di Sanremo del 1920.
L’autore sviluppa in maniera approfondita questa tesi, partendo dall’esame delle caratteristiche dei mandati che furono istituiti dopo la Prima guerra mondiale e esaminando poi minuziosamente le caratteristiche giuridiche del mandato per la Palestina, affidato alla Gran Bretagna con il preciso compito di preparare la sua trasformazione nello Stato del popolo ebraico non appena fossero maturate le condizioni per l’autogoverno. Che ciò dovesse avvenire non è mai stato messo in dubbio nel dibattito e nelle conclusioni della Conferenza di Sanremo, anche se – e questo fu un limite di non poco conto – non venivano precisati i tempi della transizione.
In realtà, a non lunga distanza dalle conclusioni della Conferenza di Saremo, l’atteggiamento della potenza mandataria – la Gran Bretagna appunto – si modificò notevolmente: da una posizione di aperto favore verso le tesi sionistiche, favorendo in particolare – come previsto dal Mandato – l’immigrazione ebraica in Palestina si passò a un comportamento sempre più restrittivo. Le motivazioni di un così brusco cambiamento di politica non vanno cercate nel diritto internazionale o in una diversa interpretazione del testo del Mandato: in realtà in quei convulsi anni emerse l’esistenza di una realtà che non era stata presa in considerazione durante la Conferenza di Sanremo e nel testo del Mandato: la presenza del popolo arabo di Palestina al quale erano stati sì riconosciti i diritti civili e religiosi ma non quelli politici.
Quella presenza, proprio perché ignorata nella fase di definizione delle caratteristiche del Mandato, assunse subito un carattere estremistico e violento, favorito dall’assunzione della leadership di un personaggio come Amin al-Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme, promotore delle rivolte arabe del 1929 e poi di quella del 1936, che si schierò, in occasione della II guerra mondiale, a sostegno, anche militare, della Germania nazista.
Alla fine della II guerra mondiale si erano create le condizioni perché, con l’appoggio delle grandi potenze, potesse finalmente nascere lo Stato d’Israele. che tuttavia solo in parte riprendeva quanto deciso nella Conferenza di Sanremo: venne infatti introdotto il principio della divisione della Palestina in due Stati: uno ebraico e uno arabo, un principio già sostenuto dalla Commissione Peel nel 1939 e già allora accettato dalla dirigenza ebraica e respinto da quella araba. Dopo l’approvazione della Risoluzione 181 si ripetè lo stesso atteggiamento e al momento in cui fu proclamato lo Stato d’Israele la risposta araba fu la guerra con il sostegno di cinque Stati. Da quel momento inizia un’altra fase storica che stiamo ancora vivendo ma che non ha più alcun legame – se non di tipo storico – con le decisioni della Conferenza di Sanremo.
Valentino Baldacci
(30 giugno 2022)