Edgardo Mortara,
storia di un rapimento

Uno scandalo internazionale che ha segnato per sempre la storia degli ebrei italiani e su cui ancora c’è tanto da raccontare. È il messaggio attorno al quale è costruito lo spettacolo teatrale “Edgardo Mortara – Una cronaca cittadina”, dedicato al rapimento del bambino ebreo Edgardo Mortara da parte della Chiesa di Pio IX nella Bologna del 1858 e proposto ieri sera al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara.
Scritta e interpretata dall’attore Stefano Pesce, volto noto di cinema e tv (“Ma che colpa abbiamo noi” di Carlo Verdone, “Diabolik” dei Manetti Bros. e serie televisive come “Distretto di polizia” e “L’ispettore Coliandro”) ma anche autore e attore di teatro (tra gli altri, “Questa Sera Si Recita A Soggetto” diretto da Luca Ronconi e “Crisi – La pratica è perfetta”), la lettura scenica fa dialogare atti processuali, immagini, musica e testimonianze ed è ispirata anche al fondamentale lavoro dello storico David Kertzer e in particolare al suo saggio “Prigioniero del papa re” (ed. Rizzoli).
Scegliendo la forma del docu-teatro, Pesce ricostruisce l’accaduto: il piccolo Edgardo venne prelevato dalla polizia dello Stato pontificio e tolto alla sua famiglia partendo da un pretesto: l’idea che fosse stato battezzato dalla domestica di casa Mortara durante una grave malattia. Strappato ai genitori, i cui tentativi per riportalo a casa rimarranno vani, il bambino crescerà in seno alla Chiesa, convertendosi e, da adulto, prendendo i voti. La messa in scena si basa sulle letture di parte degli atti del processo a Padre Feletti, che ebbe un ruolo di primo piano nel rapimento; su dialoghi tra i magistrati ed i principali imputati; su dialoghi privati di Edgardo ormai adulto; su documenti autografi di Pio IX, per ripercorrere i fatti che articolarono questa drammatica vicenda.
Tra i luoghi più significativi e i documenti, emergono i ritratti dei protagonisti della vicenda: i coniugi ebrei Mortara, provenienti da Reggio Emilia, genitori di Edgardo; ma anche Anna Morisi, la domestica, che operò il battesimo sotto le indicazioni del droghiere Cesare Lepore. Oltre che del padre domenicano Gaetano Feletti, originario di Comacchio, autore morale del rapimento del bimbo alla famiglia.
“Ospitare questo spettacolo – ha spiegato Amedeo Spagnoletto, direttore del Meis – è per noi particolarmente significativo. Il rapimento del piccolo Edgardo è infatti uno dei temi della nostra mostra temporanea ‘Oltre il ghetto. Dentro&Fuori’ che terminerà domenica 3 luglio. Abbiamo l’onore di avere esposto in sala il quadro di Moritz Daniel Oppenheim che immortala il rapimento e che venne dipinto solo quattro anni dopo quello che diventerà un vero e proprio scandalo internazionale. Il caso Mortara non è un unicum nella storia degli ebrei in Italia, eppure sconvolse l’opinione pubblica come mai prima: avvenne infatti pochi anni prima dell’Unità d’Italia e si consumò mentre l’Europa stava completamente cambiando assetto. Ricordarlo attraverso spettacoli, film e pubblicazioni, come quella di David Kertzer, premio Pulitzer che abbiamo ospitato proprio al Meis il mese scorso, contribuisce a far conoscere un tassello di storia ancora sconosciuto a tanti”
Ha concluso Stefano Pesce: “Si tratta di una storia in cui il giovane protagonista non ha voce, e la sua volontà viene piegata ai voleri delle autorità pontificie. Nel momento in cui può decidere di uscire dal convento in cui ha vissuto per quasi 13 anni, le sue affermazioni rivelano una vita vissuta senza autenticità”.