Stragi di Parigi, tutti condannati
Sono stati tutti condannati i venti imputati a processo per gli attacchi terroristici di matrice islamista del 13 novembre 2015 a Parigi. Un attentato compiuto da un commando dell’Isis che uccise 130 persone e ne ferì centinaia.
Al banco degli imputati l’unico terrorista sopravvissuto all’attacco, Salah Abdeslam, ha dichiarato di aver avuto un ripensamento e di aver per questo deciso di non farsi saltare in aria. La sua cintura esplosiva, di cui si è liberato, è però risultata difettosa. E così i giudici non hanno creduto alla sua versione. È stato condannato a una forma di ergastolo: potrà infatti chiedere la libertà condizionale solo dopo 30 anni di detenzione. Dal 1994, sottolinea il Corriere, la giustizia francese ha inflitto questa pena solo quattro volte. “Indica il carattere unico, epocale, del crimine e del processo che ha cercato di esorcizzarlo. – rileva il quotidiano – La sera del 13 novembre resta un trauma nella società francese, un’operazione militare dello Stato islamico condotta con spaventosa ferocia contro i civili. Quasi sette anni dopo quell’attentato continua a sembrare l’inizio di una guerra, per fortuna mai scoppiata davvero ma neanche mai accantonata del tutto”.
Il processo, sottolinea la Stampa, “è stata una rappresentazione collettiva e nazionale” con protagonisti “i sopravvissuti, spesso con mutilazioni e ferite che non guariranno mai, genitori e figli delle vittime, testimoni miracolosamente scampati alla tempesta di proiettili e di schegge, gli inquirenti, persino il presidente dell’epoca François Hollande, chiamato a rispondere della decisione della Francia di partecipare ai bombardamenti dello stato islamico in Siria che proprio Abdeslam aveva dichiarato all’origine dell’attacco alla Francia”. “Una rappresentazione civile molto più forte delle pallottole dello Stato islamico”.
Il rafforzamento della Nato. Nel corso del vertice Nato a Madrid Svezia e Finlandia sono state ufficialmente invitate a entrare nell’Alleanza Atlantica. Un passaggio arrivato dopo l’accordo raggiunto tra questi due paesi e la Turchia, che inizialmente ne osteggiava l’ingresso (l’intesa è criticata sul Fatto Quotidiano da Gad Lerner che scrive che “pur di ottenere da Ankara il via libera all’ammissione”, la Nato “si è resa disponibile a calpestare per l’ennesima volta i diritti all’autodeterminazione del popolo curdo, trattato come popolo di serie B”). “L’adesione di Finlandia e Svezia le renderà più sicure, e renderà la Nato più forte e l’area euro-atlantica più sicura”, si legge nel comunicato dell’invito. Nel vertice poi, raccontano i quotidiani, il presidente Usa Biden ha annunciato il rafforzamento della presenza militare degli Statu Uniti in Europa, incluse capacità difensive aeree aggiuntive in Germania e Italia. “Nel vertice di Madrid, – spiega il Corriere della Sera – l’Alleanza Atlantica ha preso la direzione che ucraini e polacchi, insieme con i baltici, chiedevano da almeno tre mesi. Ritorna la ‘Fortezza Europa’. La politica, la diplomazia lasciano il passo alla logica della forza, delle armi. È un’operazione strutturale e quindi di portata storica”.
Ucraina, gli obiettivi russi. Mentre l’invasione decisa da Mosca arriva al 127esimo giorno, il presidente russo Putin afferma che il suo obiettivo sarebbe “liberare il Donbass”. Ma secondo la direttrice dell’intelligence Usa, Avril Haines, “Putin non ha rinunciato all’idea di conquistare tutta l’Ucraina” e quindi “dobbiamo aspettarci di tutto da Mosca”. Intanto è avvenuto il più grande scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina dall’inizio del conflitto: Zelensky ha confermato che 144 militari – che operavano a Mariupol – sono stati rilasciati dal nemico in cambio di altrettanti soldati russi. “Questi primi rilasciati sono solo una piccola parte dei 2439 soldati ucraini che si sono consegnati ai russi durante la resa di Mariupol. – racconta La Stampa – La maggior parte di loro sono prigionieri in un carcere alle porte di Mosca. Resta ancora incerta la loro sorte. Dopo più di un mese di silenzio si è tornato a parlare di questi prigionieri. L’opinione pubblica russa continua a definirli terroristi e se venissero giudicati come tali da un tribunale moscovita rischierebbero la pena di morte”.
Leadership israeliane. Oggi dovrebbe arrivare lo scioglimento ufficiale della Knesset, dopo che ieri non si è arrivati al voto finale in merito. Con la dissoluzione del parlamento, a guidare il governo israeliano fino alle prossime elezioni sarà Yair Lapid. Il suo alleato e quasi ex Premier Naftali Bennett nel mentre ha annunciato che si prenderà una pausa dalla politica e non si ricandiderà. Il suo posto di numero uno del partito Yamina, riporta il Sole 24 Ore in una breve notizia, dovrebbe passare ad Ayelet Shaked. Sulla rivista Domino invece si parla dei rapporti tra Israele e Russia, in virtù dei quali Gerusalemme ha cercato di fare da mediatrice tra Mosca e Kiev. Ma, si legge, con il progredire dell’invasione la situazione è cambiata. “È probabile che nelle prossime settimane Israele accetterà i potenziali costi di un deterioramento dei rapporti con Mosca”.
Gorizia capitale di cultura. Sulle pagine del Corriere Claudio Magris racconta il patrimonio di Gorizia, che nel 2025 sarà capitale europea della cultura. Un’occasione che, scrive Magris, “rende implicitamente omaggio anche alla grande presenza della cultura italiana nella città, che ha avuto pure un’intensa cultura ebraica – gli studi culturali e linguistici del rabbino Samuel Vita Lolli, la grande opera di Graziadio Isaia Ascoli”. Gorizia, aggiunge il germanista, “appartiene a livello eccezionale alla cultura poetico-filosofica soprattutto con la tragica personalità di Carlo Michelstaedter, il cui capolavoro La persuasione e la rettorica coglie a fondo l’essenza della vita di sempre e di quella dell’epoca, la necessità e la capacità di viverla senza venire a patti con la sua insolenza, senza cedere perché non è come dovrebbe essere e come quel mare istriano di Salvore promette ed esige che sia”.
Segnalare la Memoria. Dopo l’inaugurazione delle nuove sale e la visita al Memoriale della Shoah di Milano dell’influencer Chiara Ferragni al fianco della senatrice Liliana Segre, Libero racconta delle richieste di aumentare la segnaletica in città per rendere più facile da raggiungere il luogo.
Daniel Reichel