Donato Di Veroli (1924-2022)
Era uno degli ultimi Testimoni della Shoah ancora in vita, l’ultimo originario di Roma. E sono molti gli articoli che oggi ricordano Donato Donato Di Veroli, nato nel 1924, scomparso ieri a 98 anni. Scampò al rastrellamento del ghetto di Roma, ma pochi mesi dopo fu catturato e nel marzo del 1944 deportato ad Auschwitz. “No non capivo niente… quel che mi facevano fare, facevo! Ero diventato un robot. Così sono uscito da Auschwitz”, le sue parole riprese oggi dallo storico Marcello Pezzetti su Repubblica. Dopo il suo ritorno, preferì non parlare pubblicamente della sua tragica esperienza. “Rimase sempre nell’ombra, non si mise mai in prima fila in nessuna ‘manifestazione della Memoria’, ma ebbe il coraggio straordinario, – scrive Pezzetti – nel 1972, di testimoniare a Roma nel corso dell’istruttoria contro Friedrich Boßhammer e di salire sul banco dei testimoni al processo a Berlino nel 1972 contro lo stesso “Judenberater”, ovvero il principale responsabile della deportazione degli ebrei dall’Italia nel 1944. Grazie anche a questa sua testimonianza, Boßhammer venne condannato all’ergastolo”. Dopo la Shoah “ebbe il coraggio di ricostruirsi una vita e una famiglia dalla forte identità ebraica”, le parole della presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. “Non dimentichiamo la tragedia che visse e ci impegniamo per far conoscere alle future generazioni la sua storia”, il monito del sindaco Roberto Gualtieri.
La terza via di Lapid. Repubblica si sofferma sul futuro politico di Yair Lapid: da Primo ministro ad interim si presenterà alle elezioni di novembre e in lui il quotidiano vede la terza via. Ovvero l’opzione centrista, che cerca di raccogliere dietro di sé chi si oppone alla coalizione guidata dal leader del Likud Netanyahu. Tre le sfide secondo Repubblica che Lapid affronta alle urne. “La prima è il laicismo: l’idea che lo Stato debba essere separato dalla religione e ognuno abbia diritti e doveri simili, inclusa la minoranza ultraortodossa della popolazione, finora premiata da numerosi privilegi. La seconda è uno Stato palestinese: demilitarizzato, senza Gerusalemme Est come capitale, ma indipendente, che Lapid vede come unica possibilità di mantenere la connotazione democratica ed ebraica di Israele. La terza è dare agli israeliani un Paese ‘normale’: agognata chimera di un popolo che ha combattuto in media una guerra ogni decennio”.
La tragedia della Marmolada. Sette morti, tredici dispersi, otto feriti: è questo – per ora – il bilancio ufficiale del drammatico crollo di una larga parte del ghiacciaio della Marmolada, staccatosi domenica 3 luglio a oltre 3 mila metri di altezza. I quotidiani raccontando volti e storie delle persone scomparse. “I colpevoli siamo noi”, il titolo di prima pagina di Repubblica, con riferimento alle parole pronunciate al quotidiano da Carlo Budel, gestore del rifugio di Punta Penia e definito il custode della Marmolada.
Nuova strage negli Usa. Un 4 luglio, festa nazionale, di dolore e paura nell’area di Chicago, dove un 22enne ha aperto il fuoco contro la folla in corteo, sparando da un tetto di un edificio con un fucile. Almeno sei persone sono rimaste uccise, decine i feriti. Il presunto responsabile è stato arrestato nella notte italiana. “Le motivazioni del gesto non sono chiare. – scrive il Corriere – Ma i video caricati online che lo riguardano mostrano immagini violente e inquietanti, che fanno allusioni a teorie complottiste e collegate alla estrema destra americana”.
La sentenza sull’omicidio Duarte. Il tribunale di Frosinone ha condannato in primo grado all’ergastolo i due fratelli Marco e Gabriele Bianchi, riconosciuti colpevoli dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ucciso con calci, pugni e colpi di arte marziale nella notte tra 5 e 6 settembre 2020 a Colleferro, in provincia di Roma.
Cosa è accaduto a Jenin. Le conclusioni dell’inchiesta Usa sull’uccisione a Jenin della reporter di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, non ha portato a una conclusione definitiva. È “probabile che il proiettile che l’ha uccisa sia stato esploso da una postazione dell’esercito israeliano” ma è “troppo danneggiato per averne la certezza definitiva” e “non ci sono ragioni per credere che sia stata presa di mira deliberatamente”. La sua morte, prosegue l’inchiesta Usa, è stata “il risultato di tragiche circostanze durante una operazione militare dell’IDF contro fazioni della Jihad islamica palestinese” (Il Fatto Quotidiano).
Cambi diplomatici. L’ambasciatore ucraino a Berlino Andrij Melnyk potrebbe lasciare la Germania, riferisce Bild. Nei giorni scorsi aveva difeso il nazionalista ucraino Stepan Bandera dicendo che “non è stato uno sterminatore di massa di ebrei e polacchi”. Affermazioni che avevano portato a dure condanne da parte della comunità ebraica tedesca e delle autorità israeliane.
Il Mercante di Venezia. Avvenire intervista Franco Branciaroli che porta in scena al Teatro Romano di Verona Shylock. L’attore reitera una tesi già sostenuta in altre interviste. Cita il critico letterario Harold Bloom, sostiene che “purtroppo per ‘godersi’ questo spettacolo nelle intenzioni con cui è stato scritto, bisogna essere degli spettatori antisemiti. Perché se sei un antisemita ti diverti a vedere questo povero ebreo umiliato e sconfitto, e ai tempi di Shakespeare il pubblico era tutto antisemita e lui ci ha dato dentro a manetta”. Secondo Branciaroli Shylock “accetta di convertirsi”, anziché essere “costretto dalla società a convertirsi” per sopravvivere, come ricordava su questi notiziari Dario Calimani. “Si continua imperterriti sulla scia delle letture superficiali, eliminando il testo dagli infiniti significati che vanno in altra direzione”, evidenziava Calimani, in una replica a distanza all’attore.
Evola dimenticato. La Stampa torna sulla mostra dedicata ai lavori di Julius Evola al Mart di Trento e Rovereto e soprattutto sulle parole celebrative del suo presidente, Vittorio Sgarbi. Quest’ultimo, scrive Mirella Serri, nel catalogo dell’esposizione dimentica di ricordare chi fosse Evola: “un filonazista, fascista e razzista”.
Miti e convegni. Si è svolto a Pisa, la scorsa settimana, il convegno internazionale di studi «L’Ebreo Errante» (organizzato dal Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici dell’Università di Pisa) incentrato sul mito dell’Ebreo errante rivisitato nelle molteplici ripercussioni letterarie, filosofiche, storiche e culturali. Il giornale pubblica un estratto dell’intervento del germanista Marino Freschi.
Daniel Reichel