Voto decisivo sul decreto aiuti, governo verso la crisi
I titoli di prima pagina oggi non lasciano dubbi: il governo italiano appare al capolinea. Il Movimento Cinque Stelle ha annunciato che oggi uscirà dall’aula del Senato al momento del voto sul decreto Aiuti. Una delle forze di maggioranza dunque non voterebbe (dopo averlo fatto alla Camera) un provvedimento su cui il governo ha posto la fiducia. Se così fosse, il Presidente del Consiglio Draghi ha ribadito più volte che il suo governo non potrà andare avanti. “Se domani non votate la fiducia io mi devo fermare, non posso far finta di niente”, il virgolettato attribuito a Draghi da Repubblica nel corso di una telefonata con il leader Cinque Stelle Conte. Le prossime ore saranno quindi decisive. Il leader della Lega Salvini ha anticipato che senza il voto Cinque Stelle chiederà elezioni anticipate. Una via sostenuta dall’opposizione di Fratelli d’Italia e che anche per il Pd appare inevitabile.
La casa Israele e la minaccia Iran. Atterrando all’aeroporto Ben Gurion, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha voluto riassumere così il suo arrivo: “sono a casa”. Parole riprese dal Corriere della Sera che ricorda lo stretto legame tra Biden e Israele. Nel suo primo giorno di visita, il presidente si è recato allo Yad Vashem e ha esaminato un sistema laser antimissilistico che Gerusalemme vuole sviluppare assieme agli Usa. Oggi incontrerà la leadership palestinese a Betlemme. Ma il tema caldo è l’Iran. Nelle prossime ore infatti, spiega La Stampa, Biden firmerà una Dichiarazione congiunta con il premier israeliano Lapid. Un impegno a “non permettere mai all’Iran di arrivare all’arma nucleare” e ad “affrontare le attività destabilizzanti di Teheran” nella regione, “soprattutto quelle che sono una minaccia per Israele”. In un’intervista al Canale 12 israeliano Biden ha dichiarato anche che l’Iran è più vicino ora al nucleare rispetto a qualche anno fa e che l’uscita di Trump dall’accordo è stato un errore. Ha spiegato di credere ancora in un ripristino dell’intesa e che la palla è ora nel campo iraniano. Allo stesso tempo il presidente ha aggiunto che in caso tutto dovesse saltare – come prevedono alcuni esperti sentiti dal Foglio -, non esclude “l’uso della forza” per fermare Teheran. “Questa determinazione serve a rassicurare Israele, – scrive Repubblica – mentre gli Usa discutono con l’Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo un sistema di difesa aerea comune contro Teheran. Un passo che potrebbe avvicinare Riad agli Accordi di Abramo, e magari favorire la ripresa dei negoziati con i palestinesi”. Negoziati per il momento congelati, ma su cui Biden è tornato, riaffermando il suo sostegno alla soluzione dei due Stati.
Intanto, come segnala il Giornale, la velenosa replica iraniana non si è fatta attendere: per il primo ministro Ebraim Raisi “le visite di funzionari americani (!) con l’obiettivo di rafforzare la posizione di Israele e sostenere la normalizzazione dei rapporti fra israeliani e paesi della regione, non garantiranno la sicurezza dei sionisti”.
Una strada per israeliani e palestinesi. Sulle pagine di Repubblica il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder firma un editoriale dedicato alla visita di Biden e soprattutto al possibile rilancio delle trattative di pace tra israeliani e palestinesi. “Per quanto possa sembrare improbabile, credo che questo sia il momento giusto per una nuova e coraggiosa iniziativa in grado di portare a una pace stabile ed equa che potrebbe cambiare la fisionomia dell’intero Medio Oriente. A me piace chiamarla ‘il nuovo Piano Marshall per i palestinesi’”, scrive Lauder. Secondo lui il momento è propizio grazie agli Accordi di Abramo e ai nuovi legami tra Israele e diversi paesi arabi. Il suo piano Marshall per i palestinesi vorrebbe “assegnare una somma fissa di denaro ai giovani imprenditori perché creino nuove piccole imprese: alberghi, ristoranti, edilizia residenziale. II denaro dovrebbe essere attentamente monitorato e, qualora le imprese avessero successo ma richiedessero un ulteriore aiuto finanziario, si potrebbe fornire altro denaro fino al raggiungimento dell’indipendenza. Al finanziamento dovrebbero partecipare gli Usa, l’Europa, i paesi arabi del Medio Oriente e soprattutto Israele. I palestinesi avrebbero molto da guadagnare dal raggiungimento dell’indipendenza economica, e altrettanto vale per Israele”. Nel suo articolo Lauder invita Biden a costruire una road map che porti a riunire possibili finanziatori, a redigere regole chiare e strette per il monitoraggio dei soldi e poi ad avviare il prima possibile il primo finanziamento. “I critici potrebbero sostenere che l’Europa, ai tempi del piano Marshall, era diversa dal Medio Oriente, come mentalità e temperamento. Nemmeno su questo punto concordo. II piano intervenne in un’area caratterizzata da odi viscerali e di lunga data”. Se fu possibile superarli allora, la tesi di Lauder, la stessa strada si potrà usare per il Medio Oriente.
Energia israeliana. Il passaggio di Biden in Medio Oriente è anche occasione di parlare dell’agenda energetica. Repubblica segnala che gli Stati uniti potrebbero agevolare lo sblocco di uno dei progetti per portare direttamente il gas israeliano in Europa. Le vie sono due o l’EastMed che non piace alla Turchia perché la esclude, o l’uso delle infrastrutture turche. Gli Usa non sostengono la prima opzione, ma gli israeliani, spiega Repubblica, non si fidano molto di Ankara. Inoltre, “lo Stato ebraico conta di raddoppiare la sua produzione di gas entro il 2026, ma sa che è una fonte di transizione verso le rinnovabili. – spiega il quotidiano – Quindi vuole che la nuova pipeline sia compatibile con l’idrogeno, di cui intende diventare grande produttore. Inoltre punta a trasformarsi in hub delle rinnovabili, esportando anche il fotovoltaico della Giordania, terzo produttore mondiale che sta ampliando i suoi progetti, e magari dell’Arabia Saudita. Un delicato risiko su cui si giocano gli equilibri futuri dell’energia, emarginando ancora di più la Russia”.
Il caso Achille Lauro. “Dirottamento dell’Achille Lauro: l’Italia sapeva ma non fece nulla” è il titolo dell’articolo a firma di Giordana Terracina sul Riformista. Un’ampia ricostruzione del famoso sequestro compiuto nel 1985 da un commando di terroristi palestinesi, in cui fu ucciso il passeggero statunitense Leon Klinghoffer, ebreo e disabile su una sedia a rotelle. Nell’articolo si legge che i servizi israeliani avevano avvisato quelli italiani del pericolo e che le autorità italiane non agirono. Si confuta inoltre la tesi dell’ideatore del sequestro Abu Abbas – condannato all’ergastolo in contumacia dalla magistratura italiana, ma lasciato scappare dall’Italia – che cercò di liquidare il sequestro avvenuto nell’85 come un incidente e non come un atto premeditato.
Daniel Reichel