Nordisti per forza
Mi è capitato spesso di sentire compagni di scuola o colleghi descrivere e confrontare usi e tradizioni delle loro famiglie in relazione a qualche ricorrenza cattolica, e di ascoltare i loro discorsi con curiosità e al contempo con un senso di estraneità. Stessa sensazione di curiosità ed estraneità che ho provato spesso sentendo compagni di scuola o colleghi descrivere e confrontare usi e tradizioni delle loro famiglie provenienti dal Sud Italia (a Torino è abbastanza insolito avere una famiglia piemontese al 100%: più volte ho scoperto di essere l’unica tra i presenti). In effetti tra le mie due anomalie c’è un legame storico: noi ebrei italiani non abbiamo radici che si estendano più a sud di Roma perché mezzo millennio fa siamo stati espulsi dall’Italia meridionale. Dunque le nostre probabilità di avere una famiglia tutta del Nord sono mediamente un po’ superiori alla media. È una considerazione banale ma non ci avevo mai pensato (spesso le cose banali sono proprio quelle a cui si fa meno caso, perché nella loro ovvietà non raggiungono la soglia della nostra attenzione).
Se pensiamo che fino a pochissimo tempo fa (e forse ancora adesso) era diffusa nel Nord Italia una certa ostilità, se non vero e proprio razzismo, nei confronti dei meridionali, al punto che un partito aveva costruito le sue fortune elettorali proprio su questa ostilità (successivamente rivolta altrove), notiamo un curioso paradosso: l’appartenenza a un gruppo discriminato e poi espulso ha determinato cinquecento anni dopo l’appartenenza a un gruppo che in qualche modo si può considerare privilegiato. Paradossale ma abbastanza frequente nella storia ebraica: quando gli ebrei sono costretti ad andarsene o a fuggire da qualche posto possibilmente cercano di trasferirsi in un luogo dove si sta meglio, o dove ritengono che in futuro si potrà stare meglio, e molte volte ci riescono.
Dunque noi ebrei piemontesi siamo spesso piemontesi doc, con alberi genealogici che non escono dalla nostra regione da molte generazioni (e in questo non siamo gli unici, anzi, gli ebrei romani ci battono di gran lunga). Siamo orgogliosi della nostra identità piemontese (si pensi, per esempio, a un libro come La chiave a stella di Primo Levi) ma non ne facciamo una bandiera da brandire contro altre persone. Anzi, se consideriamo che la nostra identità deriva da uno strappo nelle nostre radici possiamo dire di essere nordisti per forza e non per scelta. Dunque non possiamo che auspicare che lo strappo sia ricucito sempre di più grazie alla rinascita dell’ebraismo nell’Italia del Sud: è bello pensare che le prossime generazioni potranno conversare agevolmente di usanze e ricette ebraiche dell’Italia meridionale senza provare alcun senso di estraneità.
Anna Segre