La profilazione etnica in Italia
non è un incidente sfortunato
I fatti che hanno visto protagonista il giocatore del Milan Bakayoko hanno giustamente stimolato un dibattito che deve portare a una riflessione vera e non (come al solito) a una cacofonia intrisa di polemiche, strumentalizzazioni e accuse reciproche.
Il cosiddetto “ethnic profiling”, la profilazione etnica, è un tema serio, complesso e, fortunatamente, attenzionato da diversi Paesi avanzati e da organismi internazionali, grazie al contributo decisivo di associazioni e movimenti, da molto tempo impegnati su questo tema che ha avuto una vasta eco soprattutto in seguito ai fatti legati a George Floyd e alla reazione del Movimento Black Lives Matter negli Usa.
Il tema vero, drammatico e inaccettabile, ma che deve interrogare tutti, è il pregiudizio verso le persone nere per il fatto di avere un diverso colore della pelle. L’acquisizione della certezza scientifica della non esistenza di “razze”, fatto che a parte poche eccezioni è diventato un patrimonio culturale comune, non ha ancora cancellato quello stereotipo, quel pregiudizio, legato a un senso di superiorità più o meno inconscia, che ci porta a sottovalutare, diffidare e spesso discriminare le persone afrodiscendenti.
Questo porta al compimento di una serie di piccole o grandi azioni discriminatorie contrarie ad ogni logica ma soprattutto alla legge. Il contact center dell’Unar riceve di media una segnalazione al giorno legata a presunte discriminazioni per il colore della pelle. Le tipologie sono tante: l’affitto della casa, il conto in banca, la fruizione del taxi, l’ingresso in locali notturni o addirittura in strutture del demanio pubblico, l’accesso a servizi per i cittadini e molte altre. Spesso i responsabili che vengono contattati dal contact center Unar, parlando e riflettendo sul fatto insieme agli operatori, cadono dalle nuvole dichiarandosi non razzisti, si scusano e riparano ove possibile il torto. A dimostrazione che la non conoscenza e la mancata riflessione sul tema della diversità, più che il mero razzismo, sono il vero motore delle discriminazioni.
Tutto ciò premesso è utile per parlare di profilazione etnica, fenomeno che, va sottolineato con forza, appare sottodimensionato a causa dell’under-reporting, della mancanza spesso di denunce e segnalazioni dovute a diversi motivi. Prima di tutto per timore di subire ritorsioni, per diffidenza o non fiducia nello Stato, per la volontà di “non apparire” troppo per evitare espressioni di ostilità se non di odio. Ebbene, anche in Italia la profilazione etnica esiste e va affrontata senza infingimenti e senza generalizzazioni. Da Paese maturo che non sottovaluta il fenomeno e non pratica lo stereotipo (anche qui) della polizia violenta a prescindere.
Per questo motivo non basta spiegare il perché è stato fermato il famoso calciatore nero e il perché di quel tipo di azione con le armi. I cambiamenti partono innanzitutto dall’accettazione che un fattore legato al colore della pelle esiste e riguarda tutte le categorie professionali, non solo gli organi di polizia. Per questo motivo occorre lavorare intensamente per la promozione della cultura della diversità, dare spazio e voce a questa realtà importante nel nostro Paese. Occorre stimolare la riflessione e presentare gli esempi positivi legati alle migliaia di persone afrodiscendenti che nel nostro Paese fanno la differenza e contribuiscono al nostro benessere con il loro lavoro e con la ricchezza delle loro storie.
La formazione agli operatori e ai professionisti a tutti i livelli è fondamentale per ridurre le discriminazioni legate al colore della pelle. Nello specifico, riguardo le forze di polizia, il nostro Paese parte da una buona posizione potendo contare sul contributo prezioso dell’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), un organo del Ministero dell’Interno impegnato al supporto delle persone che sono vittime di reati a sfondo discriminatorio (hate crime o crimini d’odio). L’Oscad già svolge attività di formazione ed è impegnato in questo senso anche a livello internazionale.
Ispirato dal nuovo Piano d’Azione della Commissione Europea contro il razzismo che, tra gli altri, chiede agli Stati membri azioni specifiche per contrastare la profilazione etnica, l’Unar da diverso tempo sta lavorando a un Piano Nazionale italiano in collaborazione con 120 associazioni, che prevede corsi di formazione rivolti a tutte le forze dell’ordine. L’auspicio è che presto il Piano sia approvato formalmente, al fine di consentire un’intensificazione delle attività in grado di contribuire all’aumento della qualità della nostra democrazia.
Triantafillos Loukarelis, ex Direttore generale dell’Unar (Ufficio Antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e Presidente del Comitato direttivo Antidiscriminazione, diversità e inclusione del Consiglio d’Europa