Putin arruola Teheran

Preoccupazioni non soltanto israeliane per il vertice di Teheran tra Putin, Raisi ed Erdogan. Un incontro seguito con molta attenzione anche dalla stampa italiana.
L’Iran, ricorda Repubblica, è una pedina fondamentale “nella partita a scacchi strategica con l’Occidente”. Lo era nel 2015 “quando strinse l’alleanza per preservare il regime di Bashar al-Assad in Siria” e lo è ancora di più adesso “che Mosca e Teheran si trovano entrambe a far fronte alle sanzioni occidentali e al blocco arabo-israeliano emergente nel Golfo sostenuto dagli Usa che potrebbe spostare gli equilibri di potere del Medio Oriente”. Mosca, la sintesi del Corriere, “ha arruolato la Repubblica Islamica nell’asse anti Nato e riconosciuto a Erdogan il ruolo di signore degli angoli vuoti, né con la Nato né contro, utile a tutti e soprattutto a se stesso”. Evidenzia tra gli altri Il Sole 24 Ore come il viaggio di Putin abbia rappresentato “una ferma risposta alla missione del presidente americano Joe Biden in Arabia Saudita ed Israele, volto ad isolare l’Iran e spingerlo a firmare un accordo sul nucleare”. Secondo La Stampa “dietro i sorrisi delle foto a tre e delle dichiarazioni finali restano molti contrasti da limare: ma il mondo multipolare marcia in fretta”. Molte strategie future passeranno dalla Siria: uno dei temi caldi del vertice. Per i tre leader, sottolinea Il Foglio, “è diventata una leva da utilizzare per farsi pressioni a vicenda e farle contro gli Stati Uniti”. Ma si è parlato anche di Ucraina. “Guerra a Kiev, nasce in Iran l’asse della triplice alleanza”, titola Avvenire.

Furio Colombo, su Repubblica, propone una sua lettura sul rifiuto di alcuni ad esprimere la necessaria solidarietà all’Ucraina invasa. Anche nel campo, pieno di ambiguità, dei cosiddetti pacifisti. “Il fatto – scrive – è che l’invasore è un buon cristiano scortato dal suo arcivescovo Cirillo, Primate di tutte le Russie. Mentre Zelensky è il primo ebreo della storia europea eletto a stragrande maggioranza presidente da un popolo cristiano. In che senso questa circostanza fa la differenza? Forse nel senso che tutte le guerre europee sono state cristiane fra cristiani o invasioni di ‘infedeli’ subite da popoli cristiani. In tutti e due i casi (specialmente nel secondo) era legittimo e inevitabile il soccorso”.

Repubblica racconta Palermo multiculturale, incentrandosi anche sul progetto per riaprire una sinagoga a cinque secoli dalla cacciata degli ebrei dall’isola. Un progetto fortemente voluto da Evelyne Aouate, da poco scomparsa, storica referente del nucleo ebraico riformatosi in città in tempi recenti. A tal proposito si legge che “l’istituto siciliano di studi ebraici di cui Aouate era presidente e l’Unione delle comunità ebraiche italiane hanno fondato un’associazione per avviare una raccolta fondi e partire al più presto con i lavori”.

Il Foglio si sofferma sulla figura dell’oligarca indiano Gautam Adani, l’uomo più ricco d’Asia, tra le cui proprietà risalta ora anche il porto di Haifa. L’annuncio dell’acquisto, viene spiegato, “è arrivato lo stesso giorno in cui si è tenuto via zoom il vertice diplomatico strategico della nuova alleanza tra i governi di India, Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti (I2U2), nata un anno fa per contenere l’influenza della Cina in Asia e Medio Oriente”.

Il 20 luglio del 1944 fallì l’Operazione Valchiria per assassinare Hitler. Secondo Repubblica, che ne ricostruisce la genesi, l’errore nel quale caddero i protagonisti del piano fu quello di “credere che il tirannicidio fosse la soluzione di una gravissima crisi politica e morale; ovvero che il tiranno fosse solitario, e non il vertice di un sistema”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(20 luglio 2022)