Edom

Nella parashà di Hukkat, che abbiamo letto poche settimane fa, si legge il contrasto con il regno di Edom: Israele vuole attraversare il suo territorio per raggiungere la sua destinazione, la Terra Promessa, e si impegna a passare nel modo più rispettoso per le proprietà degli Edomiti. Avrebbe pagato l’acqua consumata, e sarebbe rimasto rigorosamente sulla strada senza arrecare danni alle proprietà degli Edomiti, ma “Edom ricusò di permettere ad Israele di passare il il suo confine e Israele scansò il suo territorio”. È interessante leggere la formula con la quale Israele chiese il permesso di transito sul territorio di Edom: “Noi non passeremo per campi e vigneti, andremo per la via maestra …”.
Guardando il territorio come è oggi ci si stupisce del linguaggio di Israele: siamo nel deserto del Negev settentrionale. Parlare di “campi” e soprattutto “vigneti” oggi fa sorridere. Ma evidentemente la Torà si riferisce ad una situazione reale. Evidentemente allora c’erano delle popolazioni che coltivavano la terra.
In effetti il Prof. Evenari dell’Università Ebraica di Gerusalemme scoprì che in quella zona, ad Avdat per la precisione, proprio nel Negev settentrionale, erano state sviluppate coltivazioni importanti. Evenari scoprì (e restaurò) gli antichi sistemi idraulici della zona che convogliavano le scarse ed occasionali precipitazioni della zona concentrandole verso valle, riuscendo così a creare un area relativamente umida con una soddisfacente falda acquifera, arricchita dai lavori di “canalizzazione” delle rare precipitazioni. La Torà non spiega quale fosse la tecnica colturale dei “campi e dei vigneti”, però li cita e così dimostra che in qualche modo la popolazione locale riusciva a coltivare la terra e trarre beneficio da questi lavori.
È evidente che oggi la situazione sia diversa: siamo in pieno deserto. Cosa e come è cambiata la situazione? Non abbiamo prove certe, ma è ragionevole pensare che ci sia stata una concomitanza di fattori. Ci deve essere stata una diminuzione delle precipitazioni, accompagnata da un incremento delle temperature. Ad un certo punto le coltivazioni devono essere gradualmente divenute impossibili per la scarsità di acqua: una serie di concause che ha portato all’allontanamento dei coltivatori e alla desertificazione del territorio. È difficile ricostruire le tappe del degrado, ma il risultato finale è molto chiaro ed eloquente. E costituisce un ammonimento per tanti territori oggi fertili, ambienti di rigogliose coltivazioni, che potrebbero scivolare pericolosamente verso una drammatica desertificazione se non si adottano politiche di salvaguardia idrologiche e sistemi di distribuzione dell’acqua alle colture, attenti al risparmio idrico.
Un ammonimento che, partendo dalla Torà, arriva fino ai giorni nostri e di cui dobbiamo far tesoro.

Roberto Jona, agronomo

(21 luglio 2022)