In pace con se stessi

“Pinechas ben El’azar ben Aharon ha Cohen – Pinechas figlio di El’azar figlio di Aharon il Sacerdote” (Bemidbàr 25; 11). Ci sono varie idee sull’azione di Pinechas; nessuno gli aveva comandato di comportarsi nel modo che ci narra la Torà. Egli, infatti, agisce autonomamente e spontaneamente colpendo e uccidendo l’ebreo che stava facendo atto di prostituzione e idolatria con una delle prostitute inviate per consiglio di Bil’am da Balaq a corrompere il popolo ebraico. Egli viene da quel momento definito per eccellenza il “mekanné – il vendicatore o lo zelante” del popolo ebraico; colui, infatti, che vendica il popolo del male che gli viene fatto.
Attraverso il suo gesto che può sembrare particolarmente forte, egli riesce a ristabilire in mezzo al popolo una sorta di armonia e benessere, nonché una riappacificazione tra il popolo e l’Eterno. Nella Torà, proprio in questa occasione, troviamo scritta la parola “shalom” con la lettera vav tagliata: cosa che, se accadesse in altri casi, metterebbe tutto il sefer Torà nella condizione di essere “pasul” non idoneo a essere letto.
In questo caso, invece, quel taglio secondo l’opinione di alcuni mefareshim simboleggia il taglio della stipula di un patto. Il testo infatti dice: “Ecco Io do a lui il mio patto di pace” (Bemidbàr 25;12). La parola “pace” non è il contrario della parola guerra, ma è l’espressione di appagamento e completezza. Soltanto chi è in pace con se stesso e raggiunge una pace interiore può comprendere la necessità di vivere in pace col prossimo.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna

(22 luglio 2022)