Oltremare – Prospettiva

Meno di quindici anni nel paese, e già posso dire “una volta, qui, non era così”. E sarà perché tutto è veloce, o tutto comunque perlomeno sembra molto veloce, in Israele, ma davvero, bastano pochi anni per poter far girare in mente il film in bianco e nero con i cambiamenti anche soltanto fisici che avvengono, come nelle comiche ma non sempre divertentissimi.
Un esempio è la salita delle quinte dietro la schiena dei bagnanti lungo le chilometriche spiagge di Tel Aviv. Una volta, quando sono arrivata io, i locali al di sopra dei settant’anni si lamentavano del fatto che quando erano bambini a Tel Aviv c’era molta più brezza, e che la costruzione della fila di hotel a pochi metri dal mare aveva tolto l’aria a tutti. Buoni i soldi nelle tasche de settore alberghiero e di tutto l’indotto, ma molto meno bello doversi armare di condizionatori per buona parte dell’anno e sudare anche la sera perché, dicevano, la brezza non passa più. Chissà cosa dicono adesso, che la loro città bianca, fatta di cubetti bassi e di boulevard verdi, è diventata un sandwich fra quella linea costiera di alti alberghi e, alle spalle ma non troppo lontano, la selva di grattacieli che fanno tanto patria delle startup e metropoli postmoderna.
Adesso la brezza non passa e anche verso l’interno tutte le strade hanno la prospettiva spezzata da quei giganti. E io che sono cresciuta a Torino, dove la fuga della prospettiva è occupata invece dalle montagne, in ogni città nella quale ho vissuto ho poi sempre sentito la mancanza delle quinte naturali, scure d’estate e bianche d’inverno (tempi che furono, evidentemente), ma i grattacieli no, non sono una buona sostituzione di quelle altitudini. Portano modernità e linee rette ma anche tanto caldo e asfalto, di cui la Città Bianca forse non ha poi così tanto bisogno.

Daniela Fubini