Wokeness
Tempo addietro Whoopi Goldberg si produsse in dichiarazioni corrive (“l’Olocausto non ha nulla a che fare con la razza”) che suscitarono un vespaio assieme alla successiva (e scontata) ritrattazione da parte dell’attrice. Determinate riletture, da parte del movimento “Woke” e della “Wokeness” (definiti quale consapevolezza dell’ingiustizia razziale, economica e di genere) portano a cancellare tutta la storia, perché è difficile trovare qualcosa, da Ovidio a Dante, da Platone ad Aristotele, che sia conforme ai moduli richiesti. Un esercizio di sordida dietrologia da parte nostra potrebbe portare a considerare come, essendo la forza portante del movimento Woke la cancellazione del merito, possa esservi una massa enorme di interessati a sostenerne le tesi. Anche in Italia potremmo agevolmente identificare soggetti che riescono ad attivare il turbo alle loro carriere sulla sola base delle tesi estremiste che sostengono. Negli Usa ne hanno discorso Ben Shapiro e Vivek Ramaswami; il primo sostiene che nei campuses accade di far carriera per ragioni estranee al merito, mentre il secondo osserva che la wokeness può fornire corsie preferenziali alle aziende che ne facciano un vessillo. Il criterio del merito e il disinteresse nelle scelte mancano di ogni attrattiva. È vero che John Fitzgerald Kennedy chiese di non domandare cosa potesse fare il Paese per ogni cittadino ma che ogni cittadino avrebbe piuttosto dovuto domandarsi cosa lui avrebbe potuto fare per il Paese. Sennonché, fu sufficientemente prudente da dirlo nell’Inauguration Day, non certo durante la campagna elettorale. Soltanto i regimi totalitari, che si propongono un’atroce ingegneria sociale, prescindono dalla natura umana. Per capirlo, basterebbe leggere Montesquieu, anziché alcuni terribili best seller spiccatamente commerciali che fanno mostra di sé negli scaffali delle librerie, dai quali s’impara poco e, volendo, si disimpara.
Emanuele Calò, giurista
(26 luglio 2022)