Ebrei d’India, i conti non tornano

Di recente un articolo di Haaretz si avventurava nell’analisi della sorprendente quanto clamorosa sovrarappresentazione degli ebrei nei siti matrimoniali indiani. L’articolo traeva spunto da una serie di dati che in effetti appaiono a prima vista stupefacenti, soprattutto per chi non è al corrente delle dinamiche che regolano la scelta del partner matrimoniale in una società complessa come quella indiana. Sul principale sito matrimoniale indiano, www.shadi.com, 3,5 milioni di persone risultano iscritte ad oggi come “ebree”. Si tratta di circa il 10 per cento del totale degli iscritti al sito che, con i suoi oltre 35 milioni di utenti, è il principale portale di questo genere in India. Con un numero così elevato di iscritti ebrei il portale indiano si è auto definito in passato come “il servizio matrimoniale per ebrei numero uno al mondo”. Qualcuno ha iniziato però a fare notare come questi numeri siano assolutamente sproporzionati, impossibili da considerare reali dal momento che gli ebrei residenti in India sono solamente 5mila circa in un paese di 1,4 miliardi di abitanti. Questo significa che su www.shadi. com c’è un numero di utenti ebrei pari a oltre 700 volte il numero totale della popolazione ebraica presente in India.
Per quanto occorra sottolineare come il sito sia aperto anche ad altri utenti nel mondo, e quindi potenzialmente anche a ebrei residenti in altri paesi, realmente la percentuale di stranieri iscritti è molto bassa e costituita quasi esclusivamente da persone appartenenti a gruppi etnici originari del subcontinente indiano residenti in altre parti del mondo, da Mauritius ai Caraibi, dal Medio Oriente al Canada, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. In ogni caso è comunque da escludere che anche tra questi utenti vi sia un numero significativo di ebrei. Le statistiche relative ad un altro popolare sito di incontri matrimoniali, www.bharatmatrimony.com (circa 40 milioni di utenti), sono ancora più sorprendenti da un certo punto di vista, dal momento che il sito non prevede nemmeno la possibilità di registrarsi come “ebrei”. Ciò nonostante molti utenti, la maggior parte dei quali registrati come indù o musulmani, inseriscono la definizione “ebreo” nella sezione dedicata alle informazioni aggiuntive. La domanda sorge quindi spontanea: come mai centinaia di migliaia di indiani si registrano nei siti matrimoniali fingendo di essere ebrei? La risposta è in parte dovuta alla peculiare storia delle comunità ebraiche in India e crea nuovi e interessanti interrogativi sulla attuale rappresentazione dell’ebraismo prevalente oggi presso l’opinione pubblica indiana.
Comunità ebraiche vivono lungo la costa indiana del Mare Arabico da millenni. È attestata la presenza di mercanti ebrei nell’attuale stato meridionale del Kerala almeno dal I secolo a.C. Più a nord, nella regione vicina a Mumbai, vivono i Bene Israel, tradizionalmente considerati una casta di produttori di olio di semi, che pur non avendo alcun contatto con altre comunità ebraiche, mantenevano alcune tradizioni, ad esempio lo Shabbat e il rispetto delle regole alimentari (casherut), che lasciavano intendere una possibile origine ebraica.
Nel XIX secolo alcuni rabbini provenienti da Kochi in Kerala e dalle comunità sefardite di Bombay fecero “riscoprire” l’autentico (ai loro occhi) ebraismo a questi “figli di Israele” (questo è il significato letterale di “Bene Israel”) che non avevano più conoscenza della Torah e della maggior parte delle usanze ebraiche. Altre comunità arrivarono in India durante l’epoca coloniale al seguito degli olandesi e degli inglesi: si trattò soprattutto di ebrei mediorientali, tra cui si possono annoverare alcune delle famiglie ebraiche più famose e influenti dell’intera Asia. Vi è inoltre il curioso caso di una tribù del nord-est dell’India in cui alcune migliaia di individui nel XIX secolo si convinsero, probabilmente attraverso la lettura dell’antico testamento portato dai missionari protestanti, di essere discendenti della tribù di Manasseh e iniziarono ad adottare rituali ebraici e farsi chiamare Bnei Menashe (“figli di Manasseh”). Nel complesso nel 1947, anno dell’indipendenza, gli ebrei in India erano circa 80mila. Oggi il loro numero si è molto ridotto a causa soprattutto dell’emigrazione in Israele. L’opinione pubblica indiana ha un’idea molto vaga dell’ebraismo e degli ebrei. C’è chi conosce la storia di alcune personalità che hanno avuto successo e hanno riscoperto importanti posizioni nell’India coloniale. In generale però pochissimi hanno mai avuto contatti diretti con la comunità. La conoscenza dell’ebraismo è molto scarsa e spesso mediata dall’immagine delle realtà dei paesi in cui è forte l’emigrazione indiana, soprattutto gli Stati Uniti. Un po’ per il passato nell’India coloniale un po’ per il ruolo delle comunità ebraiche nella società nordamericana, gli ebrei in India sono rappresentanti come individui ricchi, influenti e di successo. Questo certamente è un fattore che contribuisce a spingere diverse persone a iscriversi ai siti matrimoniali indicando una presunta identità ebraica. Essere ebreo è in qualche modo considerato di tendenza tra i giovani indiani delle grandi città, i principali fruitori di questi portali.
Ma esiste anche un altro motivo per spiegare l’anomalia presente in questi siti. In India ancora oggi la stragrande maggioranza dei matrimoni vengono combinati all’interno della stessa comunità religiosa. Per registrarsi ad alcuni siti matrimoniali occorre specificare l’appartenenza religiosa per facilitare e delimitare la ricerca tra milioni di iscritti. Nel menù a tendina è possibile anche selezionare l’opzione “nessuna religione”. Questa categoria però in altri contesti, ad esempio i censimenti decennali, definisce di norma esclusivamente gli atei. E l’ateismo non è particolarmente ben visto in una realtà in cui le religioni dominano la vita sociale e le dinamiche tra i diversi gruppi. Per questo motivo un ragazzo o una ragazza che vuole sottintendere di non essere legato ad una particolare tradizione religiosa non ha di fatto opzioni da selezionare. Per molti inserire “ebreo” come gruppo religioso significa sottintendere una tendenza al cosmopolitismo e l’adesione ad una tradizione non particolarmente conosciuta, che quindi non presenta nell’immaginario collettivo particolari regole stringenti. Se a ciò aggiungiamo il fatto che essere ebreo in India spesso si traduce nel pregiudizio di essere considerato ricco, geniale e influente è molto più chiaro il motivo della sovra rappresentazione ebraica in questi siti. A suffragare questa tesi vi è anche l’analisi dei nomi delle persone che si definiscono ebree: molto raramente questi giovani hanno nomi ebraici mentre quasi sempre hanno nomi induisti, musulmani o cristiani. Questo mostra chiaramente come registrarsi come ebreo, o proclamare la propria adesione all’ebraismo, sia quasi esclusivamente una manifestazione del rifiuto di identificarsi con le spesso rigide regole e identità religiose del subcontinente indiano.

Stefano Caldirola, Pagine Ebraiche Luglio 2022