Vivere non solo a Tel Aviv
Di recente il noto economista Nouriel Roubini, cresciuto in Italia e poi trasferitosi negli USA (è professore alla New York University), ha partecipato a una conferenza svoltasi in Israele e dedicata agli squilibri urbanistici che lo affliggono: un punto di debolezza del paese, ha dichiarato in un’intervista, è rappresentato dall’eccessiva concentrazione di popolazione e di attività economica attorno a Tel Aviv. Questa concentrazione provoca problemi di congestione, di accesso ai servizi e di prezzi eccessivi degli alloggi.
La conferenza è stata organizzata dal think-tank “OR”, una joint venture pubblica e privata il cui amministratore delegato è Roni Flamer. Fondata nel 2002, l’organizzazione si batte per una Israele con tre poli urbanistici e di popolazione, da realizzare entro il 2048: il centro, la Galilea e il Negev. Nella conferenza sono state presentati i risultati di alcune simulazioni e proiezioni statistiche allarmanti. In assenza di interventi da parte delle autorità, nel giro di qualche decennio (2048) la “grande Tel Aviv” e Gerusalemme diventeranno un unico agglomerato di popolazione con 13 milioni di abitanti. Il tempo medio trascorso dagli israeliani nel traffico salirebbe dalle due ore attuali a cinque ore al giorno. I costi economici di questo addensamento di popolazione saranno esasperati dal surriscaldamento globale, che in Israele è a uno stadio più avanzato che in Europa, e dai problemi di sicurezza esterna del paese, circondato da paesi ostili e privo di autosufficienza alimentare. Il problema di fondo, secondo Flamer, è che il paese non ha quello che per le aziende è chiamato “piano industriale”, ossia un piano che indica gli obiettivi di sviluppo di medio periodo e i mezzi e le misure per raggiungerli. In base alle proiezioni presentate alla conferenza di OR, un decentramento di popolazione su tre poli permetterebbe di contenere l’aumento di popolazione della grande Tel Aviv dai 6 milioni attuali a 9 milioni invece dei 13 che si avrebbero in assenza di interventi In base al progetto, la popolazione della Galilea e del Negev aumenterebbe complessivamente di 4 milioni: Akko e Dimona avrebbero ciascuna circa mezzo milione di abitanti. Il progetto di ripopolamento del nord e del sud del paese presta grande attenzione alla tutela delle minoranze e delle diversità: ci sono progetti urbanistici specifici per ebrei religiosi (una nuova città nel Negev, di nome Kasif, con 200 mila abitanti), ebrei laici, beduini, drusi, musulmani e cristiani. L’idea di fondo è che solo l’attenzione alle esigenze delle minoranze garantisce una società coesa e, in ultima analisi, sicurezza e benessere per tutti.
Aviram Levy, economista