Riconsiderare la Shoah,
la sfida della formazione
Si è concluso negli scorsi giorni un seminario formativo avanzato residenziale, dal titolo Riconsiderare la Shoah, organizzato dall’International School for Holocaust Studies di Yad Vashem e dall’Università degli Studi di Firenze, dipartimento FORLILPSI, come attività prevista dall’accordo firmato nel 2018 in partenariato anche con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana. Il seminario, il primo realizzato per un gruppo italiano dopo il periodo pandemico, si è potuto realizzare grazie a un generoso contributo del “The Pisar Holocaust Studies Program For Educators”, nella memoria di Samuel Pisar.
I 25 partecipanti, che costituivano un gruppo molto eterogeneo per formazione, provenienza professionale ed età, rappresentavano una parte dei corsisti che negli anni hanno frequentato i corsi di perfezionamento di Didattica della Shoah diretti dalla professoressa Silvia Guetta. Il gruppo ha potuto usufruire di una settimana intensiva di conferenze e visite guidate sotto l’esperta guida di Rocco Giansante e ha potuto approfondire il tema della Shoah anche attraverso emozionanti incontri con due testimoni: Allegra Guetta, che nata in Libia ha vissuto il dramma della Shoah attraverso le vicende belliche nel nord Africa, e Miriam Romanin, reclusa bambina assieme alla famiglia nel carcere di San Vittore e scampata alla deportazione grazie all’arrivo degli alleati a Milano. Particolarmente interessante quest’ultimo incontro perché svolto insieme alla figlia e alla nipote, aprendo così una prospettiva nuova sulla continuità della testimonianza.
Grazie al livello di preparazione dei partecipanti, già studiosi e ben preparati sui temi della Shoah e dell’ebraismo, lo Yad Vashem insieme con l’Università di Firenze ha potuto confezionare un percorso su misura andando ad esplorare anche aspetti meno conosciuti o più specifici come gli approfondimenti sull’ebraismo e sulla presenza della cultura yiddish in Italia, la situazione degli ebrei e delle minoranze in Nord Africa a seguito delle leggi razziste, durante la seconda guerra mondiale e negli assestamenti post-bellici, la vita negli shtetl e la sua rappresentazione nell’arte e nell’immaginario collettivo, la persecuzione ebraica nei paesi dell’est Europa o i dilemmi e le complessità dei ruoli delle leadership ebraiche nei durante l’occupazione tedesca. Sono stati inoltre numerosi i collegamenti con l’attualità, con interventi relativi alle manifestazioni di antisemitismo contemporanee, una illustrazione di una serie di progetti di recupero della memoria e un approccio critico ad alcuni centri e musei della Shoah in cui le responsabilità delle popolazioni locali nell’eccidio degli ebrei, ampiamente dimostrate da dati e documenti, sono misconosciute e viene proposta una narrazione in cui, come unici perpetratori di atrocità, compaiono gli invasori nazisti.
Data la natura del seminario, molta attenzione è stata inoltre posta alla didattica in classe e agli strumenti anche multimediali e online utilizzabili a supporto degli interventi in classe con bambini/e e ragazzi/e.
Molto interesse hanno suscitato i workshops proposti. In particolare quello realizzato all’interno della mostra “Flashes of memory”, perché ha messo il luce come la propaganda nazista riuscisse a comunicare tramite i linguaggi visivi, che stereotipavano l’ebreo come nemico del popolo tedesco, e, più in generale, della stirpe “europea”, attraverso il caleidoscopio dell’antisemitismo, con fotografie, video e film sia d’autore che dilettanteschi o di collezioni private. Un percorso che mostra bene come l’iconografia ufficiale voluta da Hitler, perché già progettata in Mein Kampf, fosse penetrata profondamente in tutti gli strati sociali e abbia costituito uno degli sfondi culturali più potenti per l’ottundimento delle coscienze e la diffusione dell’antiebraismo, anticamera dei tragici avvenimenti successivi, dalla creazione dei ghetti, alla notte dei cristalli, all’operazione Barbarossa, alle deportazioni, allo sterminio finale.
L’ultimo momento di formazione è stato dedicato all’autovalutazione e alle proposte di sviluppo e implementazione di questa arricchente e intensa esperienza formativa. Partendo dalla presentazione di due corsisti, che avevano partecipato ad esperienze simili negli anni precedenti, dalle esperienze didattiche realizzate con le loro classi, il dibattito ha messo in evidenza quanto questo corso – oltre ad aprire nuove piste per un lavoro didattico innovativo, facendo sperimentare direttamente con i materiali e gli strumenti proposti da Yad Vashem – abbia richiamato la necessità di rimanere più in contatto per creare uno scambio di buone pratiche che molti insegnanti possono dare per arricchire la parte italiana del portale. Una richiesta particolare è stata rivolta all’Università di Firenze perché rafforzi il più possibile, attraverso le possibili vie istituzionali, l’attenzione del Ministero a questi importanti momenti di formazione. Infine, da parte di tutti i partecipanti, sono state riconosciute due cose fondamentali: l’alta qualità del corso proposto e l’importanza di aver potuto formarsi in Israele conoscendone la storia, i dilemmi, la ricchezza, le opportunità e tutto ciò che questo Paese rappresenta.