La speaker Usa a Taiwan, ira di Pechino

L’arrivo della speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan ha suscitato, come da previsione, un nuovo e complicato scontro tra Washington e Pechino. La Cina, che considera Taiwan parte del suo territorio, ha reagito con rabbia e minacciato ritorsioni per un viaggio che, scrive Repubblica, negli Usa ha trovato un raro sostegno bipartisan. “La visita della nostra delegazione parlamentare dimostra il sostegno incondizionato dell’America alla vivace democrazia di Taiwan”, il comunicato dell’ufficio di Pelosi. La replica è arrivata da diversi alti funzionari cinesi che hanno parlato di “violazione della sovranità cinese”. Oltre alle parole, racconta la Stampa, la ritorsione di Pechino è arrivata nei fatti, con un blocco parziale alle importazioni di prodotti taiwanesi. Inoltre c’è stata una parziale mobilitazione dell’esercito. “Un’invasione su larga scala non sarebbe un’impresa semplice e in pochi credono possa avvenire nell’immediato, a partire dai taiwanesi che vivono il momento delicato senza panico. – scrive il quotidiano torinese – Ma intanto il ministero della Difesa cinese ha annunciato esercitazioni aeronavali a fuoco vivo con test missilistici fino a domenica. Comunicate sei aree per i test, in una strategia di accerchiamento completo dell’isola di Taiwan”. Per Domani l’intera vicenda rappresenta “l’anteprima di un pericoloso conflitto”. Nel frattempo a sostegno di Pechino è arrivato il prevedibile comunicato russo, che ha definito gli Stati Uniti “stato provocatore”.

L’eliminazione del numero uno di Al Qaeda. Oggi ci sono maggiori notizie e ricostruzioni sulla dinamica che ha permesso agli americani di scovare in Afghanistan Ayman al Zawahiri, leader di Al Qaeda, ed eliminarlo nella villa in cui era ospitato a Kabul – sotto protezione del potentissimo e feroce ministro dell’Interno dei talebani, Sirajuddin Haqqani. “La villa ha diciassette stanze e questo spiega perché il drone della Cia ha fatto un lavoro molto sofisticato quando ha colpito al Zawahiri con due missili non-esplosivi – la ricostruzione su Repubblica – proprio mentre come ogni giorno si godeva l’alba da un balcone dopo le preghiere”. Ora l’interrogativo è chi sarà il nuovo capo di al Qaeda. “L’egiziano Al-Adel e il marocchino Al-Maghrebi si contendono la leadership dell’organizzazione, – scrive La Stampa – ma il sogno di Bin Laden del grande Califfato ormai è relegato a qualche Stato fallito dell’Africa”.

Israele, un successo per l’antiterrorismo. Le forze di difesa israeliane hanno catturato a Jenin Bassam al-Saadi, comandante in Cisgiordania della Jihad islamica. Da Gaza sono arrivate subito minacce dal gruppo terroristico, legato all’Iran, come ricorda Libero. “Di conseguenza – spiega il Corriere – l’esercito ha elevato lo stato di allerta nel territorio israeliano vicino a Gaza. Il traffico è stato bloccato su alcune arterie e su un tratto della ferrovia mentre agli abitanti dei villaggi di frontiera è stato ordinato di non uscire”.

Giustizia per Bologna. “Un dovere dello Stato cercare tutta la verità”, il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione delle commemorazioni per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Nel corso della cerimonia il presidente dell’associazione delle vittime, Paolo Bolognesi, ha applaudito al lavoro della procura, ricordando però come ancora molto ci sia da scoprire sulla strage. A partire dal perché ci siano stati i tentativi di depistaggio, che volevano escludere la matrice neofascista dell’attentato, cercando di spostare le indagini sulla “pista internazionale”. A riguardo La Stampa e Domani ricordano come diversi esponenti di Fratelli d’Italia siano tra coloro che hanno sposato e portato avanti quest’ultima tesi. I due quotidiani chiedono alla leader del partito, Giorgia Meloni, di chiarire pubblicamente la sua posizione a riguardo.

Politica italiana. Rispetto alle imminenti elezioni, i quotidiani danno molto spazio all’accordo siglato a sinistra tra Pd e Azione. Repubblica e Stampa intervistano a riguardo il leader di Azione, Calenda mentre sul versante opposto, il Corriere pubblica un colloquio con Giorgia Meloni. Il Giornale intervista Ofir Haivry, definito “una delle voci più autorevoli della destra intellettuale israeliana”, che commenta le posizioni su Israele della destra italiana. Oltre alla vicinanza di Forza Italia, Haivry definisce la Lega come un partito con “un collocamento filo israeliano” e così “la nuova generazione di FdI”. Rispetto a quanto accade in Russia, l’analista afferma: “penso che le tentazioni ‘neutraliste”‘ che emergono oggi in Europa e anche in una parte minoritaria della destra italiana siano sbagliate, prima di tutto perché la Russia è una ‘tigre di carta’ con una traiettoria di declino. Molti non si rendono conto di quanto sia economicamente debole la Russia. A me sembra che questa guerra sia più che altro una strategia nata dalla debolezza, un tentativo di Putin di apparire ‘grande’ mentre le Russia è in declino. Perciò l’Occidente deve tenere duro e probabilmente la Russia non potrà continuare la sua politica aggressiva, non ne ha i mezzi. – afferma Haivry – Tutto ciò è una distrazione dal vero problema per l’Occidente: la Cina. E l’Italia dovrebbe concentrarsi di più su questo tema”.

Odio nel parlamento francese. Sul Foglio si richiama il caso in Francia dei trentasette parlamentari di sinistra che hanno firmato una proposta di risoluzione che condanna il “regime di apartheid istituito contro il popolo palestinese da Israele”. Il Consiglio di rappresentanza delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif) ha definito la risoluzione il “riflesso di un antisemitismo nascosto sotto una maschera antisionista”. Oltre all’accusa di apartheid, racconta il Foglio, i firmatari chiedono la legalizzazione del boicottaggio dei prodotti israeliani. Sul Journal du dimanche, il filosofo Michel Onfray accusa la sinistra di antisemitismo. “Siamo entrati nel terzo periodo dell’antisemitismo: dopo la formula antiebraica cristiana che si riferiva al popolo deicida e la formula anticapitalista, ecco che arriva il momento della formula antisionista che permette alla sinistra del filo spinato di invitare all’odio del popolo d’Israele fin dal 1948 invocando il colonialismo, i crimini contro l’umanità e il regime dell’apartheid”.

Essere ebrei. Il Giornale intervista il pianista Evgeny Kissin, che sarà protagonista della prossima stagione del Teatro alla Scala. Un’occasione per parlare della sua identità ebraica e della sua scelta di diventare cittadino israeliano. “Prima di tutto sono ebreo, originario della Bielorussia per parte di padre e dell’Ucraina per parte di madre. – racconta Kissin – A dire il vero, dovrei essere Evgeny Otman, un cognome di chiara matrice ebraica e che dunque non avrebbe consentito a mia sorella, maggiore di 10 anni, di iscriversi alla Scuola Centrale di Mosca. Le cambiarono il cognome, stessa cosa per me. Essere ebrei in Russia non è mai stato facile. Mai”.

Daniel Reichel