La statura del cotone
Daniela Fubini, in Oltremare, rammarica che il cotone non sia più “alto” , come declama la canzone “Summertime”. Daniela coglie bene una tendenza delle coltivazioni e conseguentemente della genetica agraria. I coltivatori sono interessati a una sola cosa: il “prodotto”. Tutto il resto è superfluo se non addirittura negativo. La tecnica agraria cerca di nanizzare le piante con artifici vari. Una volta i frutti si trovavano sulle cime degli alberi alti e per raccoglierli occorreva arrampicarsi con lunghe scale. Con artifici vari si è riusciti ad “abbassare” gli alberi, rendendo la raccolta più facile, agevole e soprattutto rapida. Se innesto un albero da frutto sopra un portainnesto (il selvatico produttore delle radici) poco (ma non affatto) affine con la mia varietà da frutto, la pianta che si forma dall’unione delle due specie avrà uno sviluppo limitato. E il coltivatore riuscirà a raccogliere i frutti restando con i piedi ben saldi per terra. Gli artifici per tenere bassi alberi sono numerosi e diversificati. Sostanze chimiche “nanificanti”, specie deboli, piegatura dei rami (verso il basso) sono tutti sistemi, scelti di volta in volta, per tenere bassi gli alberi. Anche le piante erbacee (frumento, mais e anche cotone, oltre a molte altre) devono restare basse. Una volta ci si fermava in contemplazione di fronte ai campi d’oro di frumento che ondeggiavano al soffio del vento. Ma se, oltre al vento, il cielo regalava anche un po’ di pioggia, il fusto sottile non reggeva il peso della spiga bagnata e si piegava fino a terra senza più la capacità di rialzarsi: il raccolto finiva nel fango ed era perduto! D’altra parte la pianta è una “macchina” che produce: ma noi vogliamo che produca (scusate il bisticcio di parole) prodotto, non altro. Quindi granello nel frumento, pannocchie nel mais, fiocco di cotone nel Gossypium ( la pianta del cotone). Il fusto “per noi” è inutile. Però se è corto è più probabile sia robusto o comunque più resistente ed esponga meno la pianta alle forze delle meteore (vento e pioggia) e anzi resista ai danni di queste. Non si può sopprimere, ma almeno più è corto meglio è: al momento del raccolto ci troveremo meno ingombro da smaltire. Mi rendo conto che questo modo di ragionare sia poco… romantico e molto utilitaristico, ma va già bene se si riesce ad evitare l’impiego di sostanze tossiche. D’altra parte la storia (e la preistoria) dell’agricoltura sono state una millenaria corsa alla ricerca del prodotto migliore.
Roberto Jona, agronomo