Indifferenza selettiva

Nel libro Ogni giorno è per il ladro (2007), lo scrittore statunitense di famiglia nigeriana Teju Cole racconta in una delle sue flâneries di quando da bambino vide la scena di un ragazzino cosparso di benzina e poi bruciato vivo in un mercato di Lagos, reo di aver rubato una borsetta. In mezzo a spettatori impassibili verso tale orrore, ricorda Cole, qualcuno filmava con una telecamera, per poi riporla alla fine quando la folla si disperdeva e il mercato riprendeva il suo corso come se niente fosse accaduto.
L’episodio descritto da Cole è certamente non comparabile per contesto e per le sue modalità rispetto all’omicidio di Alika Ogorchukwu a Civitanova Marche, ma l’indifferenza di fronte a qualcuno che viene ucciso pubblicamente pare in qualche modo la stessa. Se in quest’ultimo assassinio non è mancato forse un movente razzista, non è la prima volta che un essere umano viene ammazzato di fronte a degli “spettatori” intorno che si limitano a riprendere con un telefonino senza muovere un dito. Oltre al mero disinteresse individualista si possono ipotizzare numerose spiegazioni per questo tipo di atteggiamento: di fronte a un’aggressione potrebbe scattare per alcuni un senso di impotenza, di paura o di incredulità che blocca l’individuo ad agire. Per altri invece non è da escludere una “fiducia” nei confronti dell’aggressore e quindi una tacita approvazione: “se quest’uomo viene aggredito così avrà sicuramente commesso qualcosa di sbagliato” – e c’è chi del resto senza aver assistito alla sua morte ha affermato ciò in merito a Ogorchukwu, ripetendo il mantra che “gli italiani sono ormai stanchi degli immigrati” -.
La spettacolarizzazione della morte e l’indifferenza in sé però non sono prodotti inediti dei nostri tempi, e non dipendono dal possesso di smartphone o da una nuova assuefazione dell’individuo nei confronti della tragedia cagionata da immagini forti in TV o da videogiochi violenti. Addossare la colpa a oggetti esterni ci distoglie dal cuore del problema, che invece è più primitivo e intimo. Indifferenti erano anche coloro che il secolo scorso guardavano impassibili il proprio vicino di casa che veniva deportato, e spettatori anche coloro che ancor prima in Europa assistevano con giubilo alle esecuzioni pubbliche nelle piazze.
Se l’indifferenza di fronte alle sofferenze altrui è sempre stata presente nell’essere umano, ciò che può differire in base al contesto sono le specifiche categorie di persone verso le quali ci sentiamo più “giustificati”, per ragioni culturali/politiche, a rimanere indifferenti e quindi restii a intervenire in loro aiuto. Il piccolo ladruncolo, il mendicante troppo “invasivo”, e lo straniero di ieri ed oggi, ben rientrano in queste categorie.

Francesco Moises Bassano