Corrado Israel De Benedetti,
l’arte di non arrendersi

Vorrei ricordare Corrado Israel De Benedetti nella sua attività instancabile di divulgatore sulla realtà israeliana. Nel corso degli anni ho avuto l’opportunità di ascoltarlo in numerose occasioni, interventi, conferenze, dibattiti, soprattutto (ma non solo) nell’ambito dell’Hashomer Hatzair: da italiano sapeva trovare le parole più appropriate per rivolgersi a ragazzi italiani, sapeva fare i paragoni giusti, aveva i nostri stessi riferimenti culturali.
Negli ultimi anni l’ho conosciuto soprattutto come collaboratore assiduo del giornale Ha Keillah. L’ultimo suo articolo risale al 10 luglio, meno di un mese fa, e ancora il 15 luglio mi aveva scritto manifestandomi l’intenzione di inviare un suo contributo per il numero successivo.
Sempre interessante, mai scontato. Sempre pronto ad analizzare, chiarire, svelare, illustrare le varie possibilità e i pro e i contro di ciascuna, la situazione internazionale, i paesi mediorientali, la realtà palestinese e soprattutto quella israeliana in tutte le sue sfaccettature: gruppi, classi sociali, partiti, alleanze, amicizie e inimicizie, caratteristiche personali dei vari personaggi politici, non per il gusto del gossip, ma perché fosse chiaro che si parlava di persone in carne ed ossa e non di simboli o astrazioni.
Forse nessuno più di lui mi ha insegnato a leggere la realtà israeliana nella sua complessità, senza esaltazioni o condanne a priori, senza pregiudizi nel bene o nel male. Anche se negli ultimi anni erano molte le cose che non gli piacevano per nulla, e non era affatto ottimista, continuava instancabilmente a spiegare, analizzare, discutere, valutare i pro e i contro, trovare comunque qua e là qualche buona notizia. Parlava e scriveva per informare ma anche per convincere: gli faceva piacere essere letto prima delle elezioni israeliane, non voleva rinunciare alla possibilità di spingere anche solo poche persone a votare in un certo modo e non in un altro. Mai arrendersi, insomma, anche quando si è decisamente in minoranza. Questo forse è stato per me il suo principale insegnamento.

Anna Segre