Il Bayern e un nuovo record da raggiungere,
nel nome di Kurt Landauer

La scorsa primavera il Bayern Monaco ha festeggiato un traguardo straordinario: il decimo scudetto consecutivo. Nessuno, in un grande campionato europeo, c’era mai riuscito. Un risultato storico ottenuto nelle settimane in cui si celebrava il novantesimo anniversario dal primo titolo, sotto la guida di un presidente che per primo seppe volare alto: Kurt Landauer. Una figura leggendaria il cui ricordo è rimasto vivo nella dirigenza ma anche negli ambienti del tifo bavarese attraverso canti, striscioni, coreografie. Fatto 10, si punta ora a fare 11 e magari anche 12, 13 e via dicendo. Per la cronaca: in Europa il record è dei lettoni dello Skonto Riga (14).
Nato nel 1884, Landauer esordì nel Bayern come calciatore all’età di 17 anni. Precoce lo fu anche nell’assumere incarichi dirigenziali, diventandone il presidente nel 1913 quando di anni ne aveva 29. Un primo mandato destinato a durare ben poco a causa dell’irruzione sulla scena della Grande Guerra: anche Landauer, come milioni di tedeschi, dovette andare al fronte e combattere. Tornato a casa, riprese le redini del Bayern e scelse di investire per dotarlo di un settore giovanile a prova di salto di qualità. Uno dei segreti della squadra che avrebbe poi vinto il campionato nel giugno del ‘32. Di tempo per festeggiare non ne ebbe però molto. L’avvento al potere di Hitler determinò un’interruzione. Landauer aveva un problema: era ebreo, un’identità inconciliabile con i destini della squadra più forte di Germania. Anni ai margini fin quando le persecuzioni innescate dalla Notte dei Cristalli portarono alla sua cattura e deportazione a Dachau. Ne uscì soltanto perché poté far valere alcuni riconoscimenti ottenuti sul campo di battaglia. Fu però uno shock decisivo nella sua vita, portandolo alla decisione di espatriare in Svizzera. Al ritorno in una Germania in macerie un nuovo inizio, il terzo, nel segno del Bayern: ne sarà il presidente fino al 1951. Distinguendosi ancora una volta per il suo acume. Oggi la sua figura è una sorta di stella polare del club, evocata con ammirazione anche durante un evento svoltosi in luglio a Washington alla presenza del presidente Herbert Hainer e dell’ad Oliver Kahn. “Sentiamo una responsabilità forte nel parlare del passato, sia delle cose belle che di quelle brutte. Il nostro obiettivo è di rafforzare la consapevolezza affinché certe atrocità non si ripetano mai più”, il loro messaggio. Un impegno nel presente: “Dobbiamo far sì che l’odio smetta di circolare ad ogni livello”.