Mario Fiorentini (1918-2022)

È scomparso all’età di 103 anni Mario Fiorentini, il partigiano più decorato d’Italia. È stato uno dei principali protagonisti della Resistenza a Roma, alla guida del Gruppo di Azione Patriottica Antonio Gramsci. Fu tra gli artefici dell’azione di via Rasella. Il suo nome di battaglia era “Giovanni”. Fiorentini era figlio di padre ebreo. Quando i nazisti fecero irruzione nell’appartamento dei suoi genitori, all’alba del 16 ottobre, si mise in salvo scappando per i tetti della Capitale. “Ha attraversato oltre un secolo la biografia di Mario Fiorentini”, scrive tra gli altri Repubblica. “Ma la lunga parabola della sua vita si può racchiudere attorno al significato pieno di una parola: partigiano”. Fu grazie a personalità come la sua, sottolinea La Stampa, se “Roma diventò una centrale della resistenza ai nazifascisti”. Il Manifesto pubblica una sua intervista che inizia proprio dal 16 ottobre: “Li vidi arrivare, riconobbi il verde marcio delle loro divise e feci in tempo a scappare attraverso i tetti e le terrazze. Però presero i miei genitori e li portarono via, con tutti gli altri rastrellati; poi mia madre inventò uno stratagemma e riuscirono a fuggire”. In un certo senso, le sue parole, “via Rasella comincia il 16 ottobre, è una risposta anche alla retata e alla deportazione degli ebrei romani”. Sconcertante la linea di Libero nel riferire di alcuni messaggi di cordoglio: “Se il bombarolo di via Rasella diventa eroe. Letta e C. arruolano il partigiano morto”.

“Se vincesse questa destra, politicamente e culturalmente estranea alla Costituzione, sarebbe una svolta preoccupante. La mancanza di una destra decente era un chiodo fisso di mio padre. ‘Ci vorrebbe una buona destra’, mi diceva Vittorio, una destra affidabile come lo era stata la Destra storica nell’Ottocento. E invece da noi prevalgono gli estremismi, i populismi, i sovranismi”. Così Anna Foa, in un’intervista con Repubblica. Tra le preoccupazioni espresse una riguarda anche la tenuta di un ricordo consapevole della Shoah. “La Giornata della Memoria – afferma – è per gli europei un ancoraggio saldo alla propria storia. Io temo che non subito ma nei prossimi anni, in un panorama radicalmente mutato, questa nostra memoria rischi di perdere senso e valore”. 

Di destra italiana parla anche lo storico inglese David Broder, il cui prossimo saggio si intitolerà Mussolini’s Grandchildren: Fascism in Contemporary Italy. “Meloni – il suo pensiero esplicitato a Repubblica – cerca di unire le idee di Almirante e De Gaulle. Naturalmente Berlusconi portò un ex fascista al governo anche negli anni Novanta, ma Gianfranco Fini era molto diverso da Giorgia Meloni: lui ammetteva di riconoscersi in almeno certi valori della resistenza, così ripudiando di fatto il fascismo, mentre lei dice che del passato non si deve più parlare e intanto strizza l’occhio ai nostalgici”.

Sul Corriere Torino il ricordo di un altro partigiano: Alberto Finzi.  Era, si racconta, “uno del partigiani che a Boves, ottanta anni fa, mise l’ideale della libertà e della giustizia davanti alla sua stessa vita”. Suo figlio Ariel assumerà a breve l’incarico di rabbino capo del capoluogo piemontese. Finzi, scrive il Corriere, “fu il primo torinese ebreo a sposare una donna israeliana, quando lo Stato d’Israele esisteva da meno di otto anni e molti pensavano che sarebbe velocemente scomparso dalla cartina geografica del mondo”.

L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, ricorda Edith Stein a 80 anni dall’uccisione ad Auschwitz: “Fin da bambina, grazie alla madre che vegliava sulla famiglia ebrea, poté nascere e svilupparsi in lei il germe della verità e segnarla per sempre. Verità nella propria coscienza, verità relazionale nei rapporti con familiari ed amici”. Verità, si aggiunge, “che, proseguendo negli studi, divenne un interrogativo sempre più impellente e presente nella sua coscienza”. La conversione è descritta con queste parole: “Il passaggio fondamentale e capitale: dalla verità alla Verità”. Sul nostro notiziario quotidiano di ieri Marco Cassuto Morselli, il presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana, sollevava vari problemi legati alla figura di Stein nella prospettiva di un Dialogo maturo ed efficace. 

L’attenzione mediatica verso l’Ucraina è in sensibile diminuzione. Mentre sembra crescere il numero di chi non crede alle atrocità compiute dai russi. Era l’incubo di Arthur Koestler nel denunciare lo sterminio degli ebrei, scrive il Foglio: “Essere in pericolo di vita, gridare aiuto, ma non avere risposta dai passanti”. Il rifiuto, si legge ancora, “di accettare la dimensione dell’orrore”. Il Foglio ne parla denunciando anche la “bancarotta morale” di alcuni interventi di Amnesty International riferiti all’Ucraina stessa. E, ampliando l’orizzonte, anche a realtà come Israele. Ad essere citato il rapporto che accusava lo Stato ebraico di praticare apartheid.

“Gaza, le lacrime di Pogba”: sulla prima pagina della Stampa si esaltano le prese di posizione del calciatore della Juventus, che già nel 2019 sventolò in campo una bandiera palestinese. “La Palestina – si legge – elenca i minorenni morti, 16, il più piccolo di 4 anni, e Israele fa altri conti, dà altri numeri e allontana le responsabilità. In mezzo alla faida la gente continua a soffrire e Pogba sa bene da che parte stare”.

Adam Smulevich

(10 agosto 2022)