28 ottobre ’22:
il diritto di preoccuparci

È difficile immaginare l’identità di un popolo senza la condivisione di una storia comune. Molte volte gli ebrei durante la traversata del deserto rimpiangevano l’Egitto e la schiavitù, ma alla fine, esaurita la prima generazione, la narrazione della liberazione dall’Egitto come evento da festeggiare ha prevalso una volta per tutte e per sempre. Non è stato fondato nessun partito neofaraonista; nessuno ha mai rifiutato di partecipare a un seder di Pesach dichiarando che in realtà in Egitto si stava meglio; nessuno ha mai sostenuto che non è il caso di festeggiare la liberazione dalla schiavitù d’Egitto perché sono questioni vecchie e superate dato che oggi i faraoni non esistono più (eppure sono effettivamente passati più di tremila anni, e non ottanta, ed effettivamente i faraoni non esistono più, a differenza del fascismo e del nazismo che contano ancora migliaia se non milioni di seguaci).
Sto insinuando un paragone improprio perché nel caso del popolo ebraico c’è anche una dimensione religiosa e non solo storica? D’accordo, allora porto un altro esempio: immaginate che qualcuno vada il 14 luglio a Parigi a gridare “viva il re, abbasso la repubblica!”, o che contesti l’opportunità di festeggiare un fatto così poco rilevante come la presa della Bastiglia, tanto più che sono passati 233 anni. In effetti non si riesce a immaginarlo, è semplicemente impensabile. Insomma, l’idea che si possa avere un’identità nazionale senza la condivisione di una storia comune è palesemente assurda, e il fatto che in Italia invece sembri accettabile è terribilmente preoccupante.
Se una persona che va in giro a dire che non è più il caso di festeggiare la liberazione dall’Egitto perché sono cose vecchie e superate stesse per acquisire un potere tale da avere davvero la possibilità di impedirci di celebrare il seder, o per lo meno di metterci pesantemente i bastoni tra le ruote, non avremmo ragione di preoccuparci? E se qualcuno ci dicesse che non c’è nessun problema perché tanto quella persona non intende proclamarsi faraone né costringerci a costruire piramidi questo basterebbe a tranquillizzarci? Ovviamente no, perché mettere in discussione la nostra identità è già di per sé un fatto gravissimo anche senza che se ne aggiungano altri.
Quindi, per favore, non mi si venga a dire che la possibilità di essere governati da nostalgici del fascismo è un falso problema perché tanto il fascismo non tornerà. Per me sarà già un problema gravissimo se non potremo festeggiare il 25 aprile 2023 come abbiamo festeggiato il 25 aprile 2022. Sarà un problema se parlare male del fascismo ai miei allievi sarà considerata una un’inopportuna esposizione di opinioni politiche personali o magari una critica a questo o a quel ministro. Sarà un problema se non potremo più insegnare una storia condivisa perché non c’è più un’identità italiana condivisa.
Non sto facendo discorsi da fantascienza distopica: già oggi è tutt’altro che scontato che a scuola si parli male del fascismo; molti miei colleghi di italiano semplicemente non ci arrivano perché sono troppo indietro con il programma, altri non ritengono opportuno perdere tempo a dire se uno scrittore era fascista o antifascista; molti allievi non sembrano rendersi conto di come potesse essere la vita quotidiana sotto una dittatura; dei crimini del fascismo e del nazismo – a parte la Shoah per cui almeno c’è la Giornata della Memoria – si parla poco, frettolosamente, alla fine dell’ultimo anno. Non sarà difficile per un ministro dell’istruzione creare ulteriori difficoltà per ostacolare quel poco che si riesce a dire e a fare.
Peraltro non c’è bisogno di aspettare il 25 aprile 2023. Avremo già il 28 ottobre 2022, centenario esatto della marcia su Roma. Potremo dire ai nostri allievi che è stata un male per l’Italia? Ci verrà chiesto di non fare discorsi troppo “di parte”? O semplicemente ci diranno che non è il caso di perdere tempo a parlarne perché sono cose vecchie e superate?
Mi pare che le ragioni per essere preoccupati non manchino, se anche non ce ne fossero altre.

Anna Segre

(12 agosto 2022)