Il simbolo della fiamma

In risposta all’esortazione della senatrice Segre a cancellare la fiamma dal simbolo del suo partito, se davvero vuole rompere con il fascismo, Meloni ripropone la fiamma tricolore nel simbolo elettorale e si dichiara, in numerose interviste, “fiera” della fiamma. Il simbolo della fiamma, che sta probabilmente a significare lo spirito fascista che risorge, appare per la prima volta nell’emblema del M.S.I., nato nel dicembre 1946 in stretta continuità non solo con il ventennio fascista ma anche con la Repubblica Sociale Italiana, ad opera di uomini che invece di trovarsi a rispondere alla giustizia del loro operato si trovano a fondare un partito neofascista: Almirante, ex segretario di redazione de La difesa della razza, Romualdi, vice segretario nazionale del Partito Fascista Repubblicano, Graziani, ministro della difesa della RSI, e altri personaggi altrettanto compromessi nella politica della Repubblica di Salò. Da allora resta sempre presente in tutti i simboli dei partiti e movimenti di ispirazione fascista, riuscendo a sopravvivere anche alla netta rottura di Fini con l’ideologia fascista nel 1995. Dopo un breve periodo in cui viene relegato fra i residui di un passato ormai sepolto, viene ripreso da Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia e vi troneggia indisturbato dal 2017.
Vero e proprio simbolo della continuità con un passato, un passato che non è solo quello del Mussolini dittatore e antisemita, ma anche quello del Mussolini della RSI, coautore entusiasta della deportazione degli ebrei italiani. Una storia, quest’ultima poco conosciuta dagli italiani, a cui andrebbe forse spiegato che Mussolini non fu solo l’artefice delle leggi del 1938 ma anche, come se non bastasse, di quelle che da Salò, a partire dal 30 novembre 1943, organizzarono l’arresto degli ebrei in Italia ad opera dei militi di Salò e la loro consegna alla deportazione.

Anna Foa, storica

(15 agosto 2022)