Non fiori ma dibattiti e studi
Una Giorgia Meloni giovane e carina si è materializzata dal passato (dalle latebre dello scorso secolo) grazie ai misteri del video, per tessere in un carezzevole francese un tenerissimo elogio di Benito Mussolini: “Tout ce qu’il a fait, il l’a fait pour l’Italie”. Nessuno le chiese se anche certe alleanze facessero parte delle benemerenze, ma se la tendenza alla rimozione l’abbiamo tutti, potrebbe pure essere comprensibile che l’avesse anche una teenager. Inoltre, la Meloni è stata pure baby sitter di Olivia, la figlia di Fiorello, e questo – si spera – l’ha molto addolcita, sempreché non parli in quello spagnolo un tantino marziale, che finisce per somigliare alla pubblicità di un liquore (“el sabor de España”). Eppoi, essere una studentessa – lavoratrice è pur sempre un fatto positivo.
L’antifascismo italiano del dopoguerra ha in qualche modo favorito il fascismo, ormai al tramonto, perché per presentarlo come un vero nemico doveva pur attribuirgli soverchie qualità; al riguardo basterebbe riportare Umberto Eco, che invece lo tratteggiava in modo tanto preciso quanto impietoso: “..non aveva alcuna filosofia: aveva solo una retorica” ed era ”un esempio di sgangheratezza politica e ideologica”.. “Tuttavia, la priorità storica non mi sembra una ragione sufficiente per spiegare perché la parola “fascismo” divenne una sineddoche, una denominazione pars pro toto per movimenti totalitari diversi. Non serve dire che il fascismo conteneva in sé tutti gli elementi dei totalitarismi successivi, per così dire, “in stato quintessenziale”. Al contrario, il fascismo non possedeva alcuna quintessenza, e neppure una singola essenza. Il fascismo era un totalitarismo fuzzy . Il fascismo non era una ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni. Si può forse concepire un movimento totalitario che riesca a Mussolini…”.
Se si fa eccezione per la concezione della famiglia come surrogato feroce della caserma e per gli organigrammi invariabilmente autoritari, il fascismo fu (anche) un sistema confuso, antisemita e filosemita, filotedesco e antitedesco, coraggioso e pusillanime e, in ogni caso, molto improvvisato. Perciò non mi sentirei di attribuire responsabilità di sorta alla diciannovenne Meloni; se l’Italia del ventennio era pericolosa per gli oppositori, per contro si presentava talvolta comodissima per molti intellettuali, come ad esempio per quel grande romanziere divenuto poi icona della sinistra che durante il regime tentava di scroccare dei viaggi a Ciano. Sennonché, anche nei giorni nostri, quando si dice “nostalgico”, in Italia si intende “fascista” anziché “proustiano”, e quindi tocca discorrerne. Eppure – tanto per restare in area gallica, non aveva forse scritto Simone Kaminker (in arte Signoret) “La nostalgie n’est plus ce qu’elle était”?
Tutto dipenderà, poi, dalle compagnie; attorniarsi di bravi collaboratori è un ‘must’ per tutti, perché quando i capi sbagliano, si affaccia, timida – tremante, un’impudica culpa in eligendo. Domandare “chi hai con te?”, infatti, non è meno importante del “come la pensi?”
L’anatema antifascista condito dagli “al lupo!” ha abbinato all’eterno fascismo un altrettanto eterno (ed effimero) antifascismo, per cui la gran massa ricorda un passato molto paterno e paternalista, mentre di rado si ricordano le porcherie perpetrate non solo agli ebrei ma pure ai militari italiani, internati nei campi nazisti a subire le peggiori angherie, così come non si responsabilizza il Gran Consiglio per aver fatto franare rovinosamente un paese che era già, di suo, in caduta libera.
Per queste ragioni, temo che molte proteste e molti timori abbiano fatto il loro tempo, laddove si trascura di approfondire sia lo stile (ad esempio, la visione della famiglia) che il contenuto dei programmi e, segnatamente, questa improvvisa cotta per le confederazioni le quali, come il diritto naturale, hanno il solo difetto di non esistere. Per non incorrere in questa minuta svista, domanderei:
a) nel programma del centro – destra si legge: “Piena adesione al processo di integrazione europea, con la prospettiva di un’Unione europea più politica e meno burocratica”: come si concilia questo obiettivo con le idee confederali di FdI?
b) “Difesa e promozione delle radici e identità storiche e culturali classiche e giudaico – cristiane dell’Europa”; sono molto sfrontato se ipotizzo che il centro – destra non possa facilmente dare un nome a siffatte radici giudaico – cristiane? Proverò a farlo: non si potrebbe discorrere ad Atreju (per tener fede al nome) dei sette precetti Noachidi e delle Encicliche Divini Redemptoris e Mit Brennender Sorge? Solo dopo – molto dopo – parlerei di alchimie elettorali: prima la cultura comune.
E questo riguarda FdI. Quanto al PD, leggiamo sul Corriere della Sera del 21 agosto 2022, a p. 3: “un post (della candidata) Rachele Scarpa dell’11 maggio 2021: “Chi si ostina a parlare del diritto di Israele di difendersi si rifiuta di cogliere la gravità e la complessità della situazione e chiude gli occhi davanti a quello che Human right watch ha definito pochi giorni fa il regime di apartheid di Israele” (…) Intorno a Rachele Scarpa il PD fa quadrato: “Non è antisemitismo il suo, ma la posizione del PD: amicizia con lo Stato di Israele e diritto di esistere ai due Stati. Le critiche sono alla politica del governo attuale, che è di destra”. Churchill era di destra e Stalin di sinistra: che facciamo? L’accusa di apartheid rientra nelle legittime critiche? E’ stata sentita la difesa? Intanto la stampa ha segnalato le dichiarazioni critiche di Antonella Pepe, un’altra candidata PD; volete che le critiche non siano legittime?
Avranno letto, nel PD, la bella monografia di Alessandra Tarquini, La sinistra italiana e gli ebrei. Socialismo, sionismo e antisemitismo dal 1892 al 1992, Il Mulino, Bologna, 2019? Quando la scienza ha approfondito il rapporto dialettico degli umani con la crescita, non ha operato distinzioni politiche; chi conta ha ben altre sfide e compiti di un quisque de populo.
Per fortuna, l’On.le Lia Quartapelle, responsabile esteri PD mi ha dichiarato, quale Direttore dell’Osservatorio Enzo Sereni, che “considera sbagliata l’accusa di apartheid rivolta ad Israele”. Dal canto suo, la Prof.ssa Emma Fattorini, Ordinaria di storia contemporanea alla Sapienza e VicePresidente di Azione, mi dichiara che parlare di apartheid riferendosi allo Stato di Israele è una sciocchezza da un punto di vista storico. Infondata. Questo pericoloso giudizio voleva forse alludere a una critica alle politiche dello Stato di Israele. Criticare è certamente legittimo. Se invece si vuole criticare la legittima esistenza stessa di Israele allora ciò diventa antisemitismo.
Emanuele Calò, giurista
(23 agosto 2022)