Ucraina, sei mesi di invasione
Quando il 24 febbraio scorso l’esercito russo ha aggredito l’Ucraina, Mosca pensava di raggiungere Kiev in pochi giorni. E invece, ricordano molti quotidiani oggi, sei mesi dopo gli ucraini continuano a resistere. L’esercito di Putin “ha preso Mariupol, Kherson e il Donbass, ma oggi, dopo 180 giorni, neppure la Crimea è più saldamente in mano russa”, riporta il Corriere, ricostruendo questi mesi di scontro. Intanto si parla anche dell’assassinio di Daria Dugina, figlia dell’ideologo e propagandista Aleksandr Dugin. Mosca sostiene di aver identificato la responsabile: sarebbe una donna ucraina di 43 anni, Natalia Pavlovna Vovk, che lavorerebbe per conto dei servizi segreti ucraini e che ora si troverebbe in Estonia. Secondo Repubblica “il profilo di Vovk è perfetto per scatenare la fazione dei falchi che in Russia chiede a Putin di aumentare gli sforzi in modo decisivo nel conflitto contro l’Ucraina”. Il presidente russo non ha però molti spazi di manovra, aggiunge il quotidiano. “A meno che non annunci la mobilitazione generale e quindi l’intenzione di spedire sul fronte ucraino cittadini in servizio di leva obbligatorio, la Russia in questi sei mesi di invasione ha già provato tutto quello che ha a disposizione, dai missili balistici alle milizie cecene. Dal punto di vista formale, in Russia non si può nemmeno parlare di ‘guerra’ e chissà che questo omicidio non finisca per forzare la situazione”.
Partiti e nostalgici. “Predappio ha dimostrano che in Italia la violenza squadrista esiste ancora e preoccupa che la probabile futura maggioranza di governo sia guidata da un partito come Fratelli d’Italia, che non ha ancora fatto in modo convincente i conti col fascismo”. A sostenerlo in un’intervista con La Stampa, il presidente del Memoriale della Shoah di Milano Roberto Jarach, prendendo spunto dalle minacce ricevute a Predappio da un giornalista del quotidiano torinese da parte di nostalgici del fascismo. Tema centrale del colloquio, il peso della memoria fascista a destra e in particolare nel partito Fratelli d’Italia. Secondo Jarach “la capacità di ricatto, il peso politico, del mondo nostalgico è ancora troppo forte” in FdI e “questo risulta preoccupante perché si tratta del partito che probabilmente guiderà la prossima maggioranza di governo”. Alla domanda sulla candidatura dell’ex portavoce della Comunità ebraica di Roma, Ester Mieli, con Fratelli d’Italia, Jarach replica parlando di come la Comunità ebraica “da sempre sia molto frastagliata. Ci sono stati ebrei anche nel Movimento sociale. Una parte di noi però è preoccupata dalla capacità della base nostalgica di influenzare la dirigenza di Fratelli d’Italia. Continuamente emergono nuovi episodi legati a quel partito”. Sulle stesse pagine lo storico Marco Revelli afferma che il caso di “Predappio non è folclore, ma contiene una minaccia che ne fa un fatto politico. Costituisce – nel rumore di fondo della chiacchiera vacua su liste e gossip – un flebile campanello d’allarme: il segno che il tetro materiale esposto nella mostra O Roma o morte, non mette in scena solo le tracce inerti di un passato trapassato”.
Liste e polemiche. Ora le liste dei diversi partiti sono definitivamente chiuse. Non le polemiche. Sia interne con riguardo agli esclusi, sia esterne con lo scrutinio da parte dei media e avversari delle dichiarazioni più o meno controverse dei diversi candidati. In particolare se a destra la preoccupazione sono i nostalgici, a sinistra sono le posizioni contro Israele. E così se Repubblica titola “Duce e gerarchi, i richiami social al fascismo dei candidati FdI”, Libero scrive che “Gli antisionisti restano nelle liste di Letta”. E nella stessa pagina il quotidiano riporta di incontri tra gli esponenti del Pd Laura Boldrini e Matteo Orfini, il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e Muhammad Hannoun, architetto palestinese residente a Genova, segnalato all’Antiriciclaggio per finanziamenti a soggetti vicini all’organizzazione terroristica Hamas. Sulla questione Israele interviene anche Davide Assael su Domani. Per lui, le tendenze di una parte della sinistra italiana a delegittimare Israele rappresentano un misto tra “vago umanitarismo e antichi pregiudizi”. Nel suo editoriale, Assael è critico anche con la destra “filo israeliana, che ama così tanto Israele da non mancare di infarcire le proprie liste di nostalgici e antisemiti dichiarati. Mai – scrive – si vide posizionamento più peloso”. Sul Foglio il direttore Claudio Cerasa sintetizza invece così le diverse polemiche: “Fascisti noi? Mai. Comunisti noi? Ma dai. Anti euro noi? Non ricordo. Anti europeisti noi? Si scherzava. Contro Israele? Solo ragazzate. Con Putin? Altri tempi. Con Orbán? Solo un vecchio amore. La fiamma nel simbolo? Ma che vuoi che sia”. Cerasa ironizza dunque e aggiunge di aver visto fin qui una campagna elettorale con “poche parole fuori posto, poche promesse pazze (e qualche devianza). Sono le prime elezioni in cui tutti badano a rassicurare (e a fingersi draghiani)”. Allo stesso tempo si chiede: “durerà?”.
Daniel Reichel