Umberto Aboaf (1939 – 2022)
Non sono in grado di scrivere un ricordo biografico completo dell’amico Umberto Aboaf, che ci ha lasciati lo scorso Shabbat. Non solo non ho sufficienti elementi, ma già me lo vedo ridere sornione dietro il fumo della sua sigaretta che mi guarda come a dire: “Ma ti xe sémpio, no gò fato niente de importante”. Eppure, non posso non parlarne, perché la Comunità ebraica di Venezia senza Umberto sarebbe qualcosa di diverso, e con la sua scomparsa oggi è decisamente più povera. Parlava con orgoglio della sua famiglia di antiche origini sefardite e sentiva forte l’urgenza di contribuire con i fatti ad assicurare un futuro alla sua Comunità. Il che significava esserci sempre, mettere a disposizione quando servivano le sue braccia forti e la sua rara intelligenza organizzativa, tenendosi lontano dalle polemiche interne (ché gli ebrei, quando li metti insieme, sono sempre in contrasto fra loro per qualche motivo). Umberto è stato un uomo di mediazione, equilibrato e al contempo severo. Per questo motivo quando il clima si è fatto pesante, all’inizio degli anni Ottanta, il Consiglio della Comunità decise di affidare a lui l’organizzazione di un servizio di vigilanza che sotto la sua guida è stato molto di più di una semplice organizzazione di autodifesa. Con la sua tenacia e la sua caparbietà è riuscito a far capire a tantissimi e tantissime fra gli iscritti la necessità di lavorare assieme per assicurare un futuro alla Kehillà. Riuscì allora ad avvicinare molte persone che erano assai lontane, contribuendo ad allargare in maniera notevole la consistenza numerica delle persone attive, che mettevano al servizio della collettività il proprio tempo e le proprie energie. Ebrei certo, ma anche molti e molte che non erano ebrei di nascita, ma che si erano sposati a membri della comunità. Una caratteristica che è stata ed è una costante da oltre un secolo nel gruppo ebraico veneziano, che conosce una forza catalizzatrice importante e riesce ad attirare piuttosto che respingere. È stato così anche nella sua famiglia. La moglie di Umberto, Mila (anch’essa scomparsa pochi mesi fa), è stata per decenni una costante presenza negli appuntamenti di socialità della Comunità e ha contribuito non poco ad allevare ebraicamente i figli Franco ed Ester. Animatore fra i più presenti del Circolo Cuore e Concordia (antica confraternita del ghetto di Venezia ancora oggi presente e attiva), Umberto è stato quasi fino all’ultimo una colonna irrinunciabile di tutte le attività sociali. Una figura che, quando la conosci, ti fa dire che sì, questa Comunità non è un incidente residuale di una gloriosa storia del passato, bensì una realtà presente che guarda al futuro. Non saprei dire quante ore del suo tempo libero egli abbia dedicato a questo scopo, direi decine di migliaia in oltre quarant’anni di volontariato attivo. Per me è stato un privilegio lavorare al suo fianco fin da giovane, sotto la sua guida equilibrata, e so che per molti fra noi la sua scomparsa rappresenta una ferita difficile da rimarginare. Credo che il dono più importante che Umberto Aboaf ha lasciato sia l’esempio personale: seguirlo, per quanto nelle possibilità di ognuno, sarà credo il modo migliore per accompagnarlo con le nostre benedizioni.
Gadi Luzzatto Voghera
(23 agosto 2022)