Legittimità

Primo, ciò che non è vero.
Non è vero che dai giornali si impara poco pochino. E non è vero perché apprendo ad esempio da un quotidiano che mettere in forse la legittimità di Israele non costituirebbe un atto antisemita.
Se tu ipotizzi che Israele sia uno Stato illegittimo, riveli che per te le accuse di apartheid, occupazione e così via sono irrilevanti perché, qualsiasi cosa facesse, e quindi anche se (secondo te) non occupasse o apartheidasse, rifiuteresti il diritto di esistere dello Stato ebraico. E allora, perché perdere tempo a cercare delle colpe se per te Israele non merita in ogni caso di esistere?
Secondo, ciò che è vero.
Negare la legittimità dello Stato d’Israele dovrebbe essere l’esito della concentrazione verbale della malvagità degli ebrei, che vengono sommersi d’accuse, compreso (e non è una battuta) il trattamento dei cani a Tel Aviv. Eppure non è così, non lo è proprio per nulla. Negare la legittimità di uno Stato ebraico comporta il rifiuto di attribuire uno spazio giuridico purchessia agli infedeli. Non vi è nulla di rivoluzionario nel negare agli ebrei dei diritti che vengono riconosciuti al resto dell’umanità. Perché dovrebbero aderirvi i nostri giustizialisti? Per le stesse cause che hanno costellato l’odio antiebraico, un misto di parricidio e invidia per il solo Stato che con la sua sola esistenza dimostra il fallimento delle dittature. Come spiegherebbe Karl Popper, si schierano i nemici della società aperta. Senza Israele, le donne e gli omosessuali non avrebbero in Medio Oriente l’unico spazio per respirare.
Terzo, una postilla.
Un dettaglio da nulla: voi che contestate la legittimità di Israele, siete sicuri di essere aggiornati? Io mi farei venire qualche dubbio.

Emanuele Calò, giurista