Le quattro bestie

Abbiamo trattato, nella scorsa puntata, della questione della derivazione dell’allegoria dantesca tratteggiata nel primo Canto dell’Inferno (laddove il poeta narra di come il suo cammino verso il colle, illuminato dal sole, sia stato ostacolato da tre fiere: una lonza, un leone e una lupa) dal simbolismo del settimo capitolo del libro di Daniele, ove si descrive (3-7) una visione notturna del profeta, nella quale egli sarebbe stato minacciato da quattro orribili bestie: una simile a un leone, un’altra simile a un orso, una terza simile a un leopardo e una quarta, spaventosa e terribile, non assimilabile a nessun animale conosciuto, con “denti di ferro” e “dieci corna”. Come abbiano detto, che il poeta abbia tratto ispirazione dal libro biblico non può essere messo in dubbio. Molto problematica, invece, come vedremo nella prossima puntata, è la questione del significato delle tre fiere della Commedia.
Prima di cercare di affrontare tale problema, però, è opportuno cercare di capire quale sia il significato delle quattro bestie di Daniele. Se Dante ha tratto ispirazione da tale libro (cosa, ripetiamo, certa), si può dedurre che abbia fatto suoi, almeno in qualche misura, anche i significati simbolici attribuiti, nel libro apocalittico, ai quattro animali? Tale domanda non va tanto intesa nel senso di un’attribuzione di significati uguali, o analoghi (cosa, a distanza di tanti secoli, evidentemente inverosimile), quanto sul piano, più generale, del tipo di possibile significato da attribuire. Ci si è chiesti e ci si chiede, infatti, come abbiamo spiegato, riguardo all’allegoria dantesca, se essa abbia un valore di tipo ‘morale’ (o religioso) o ‘politico’ (o nazionale). Le tre fiere simboleggiano tre vizi, o peccati (lussuria, invidia, superbia, avarizia…), o piuttosto tre potenze terrene (Firenze, Francia, papato o altre)?
Se ci si pone tale domanda relativamente al settimo capitolo di Daniele, la risposta va certamente nella seconda direzione. Anche se, infatti, l’allegoria non è certo assente dalla letteratura biblica (è un insegnamento, ricordo, che mi impartì personalmente il grande Amos Luzzatto, a proposito del Cantico dei Cantici), non si usa, in essa – particolarmente nei libri apocalittici, al cui genere appartiene Daniele – fare riferimento al male (come scelta personale dell’uomo) in modo allusivo e simbolico. Il male è il male, e va chiamato per nome. Le quattro bestie che il profeta vede nel suo incubo notturno indicano certamente delle concrete realtà terrene, quattro forze o regni che, storicamente, si sono opposti a Israele, minacciandone l’esistenza e la libertà.
Su quali siano, specificamente, queste quattro nazioni, le opinioni degli studiosi sono discordanti. Seguendo un ordine cronologico, è stato ipotizzato che la prima bestia (simile a un leone) indicherebbe l’impero babilonese, la seconda (simile a un orso) quello medo-persiano, la terza (smile a un leopardo) la Grecia e la quarta (con i denti di ferro e le dieci corna) Roma. Ma si tratta di collegamenti opinabili, dei quali l’unico davvero probabile mi pare il primo, data la ricorrenza del leone alato nell’iconografia babilonese, e la ben nota esecrazione del ricordo del re Nabuccodonosor, distruttore del Tempio di Gerusalemme.
Da respingere, invece, riterrei l’identificazione della quarta bestia con l’impero romano, perché i rapporti tra la repubblica romana e la nazione giudaica, all’epoca in cui fu scritto il settimo capitolo di Daniele (probabilmente, tra il 170 e il 160 a. E.V.) erano buoni, in funzione anti-greca, e Roma sostenne gli ebrei nella loro resistenza contro il tiranno seleucida Antioco IV Epifane (ricordata nei due libri dei Maccabei). Elementi piuttosto chiari, anzi, portano a identificare nella quarta bestia proprio Antioco. In Daniele 7.8, 20, 21, per esempio, si fa riferimento, nell’ambito della visione onirica, a un ‘corno’ (qèren in aramaico, kèras nella versione greca dei Settanta), e proprio il re siriaco è evocato sotto questa raffigurazione anche in Daniele (7.11 e 8.12). La quarta bestia è il regno greco-seleucida di Antioco, ed è chiaro che è rappresentata come la più spaventosa di tutte, in quanto era quella, in quel preciso momento storico, la minaccia incombente. Il nemico più temuto è sempre quello del presente, non quelli del passato.
Anche se, comunque, si può discutere su quali fossero le potenze terrene a cui si faceva allusione nel libro apocalittico con le immagini delle quattro bestie, può essere ritenuto certo, ripetiamo, che esse indicassero quattro nemici esterni a Israele, quattro forze terrene, non quattro ‘peccati’.
E cosa significano, invece, le tre fiere di Dante?
Lo vedremo la prossima puntata.

Francesco Lucrezi

(31 agosto 2022)