Ticketless – Riccardo Bonavita
e “gli spettri dell’altro”

Questa settimana vorrei ricordare un amico che non c’è più. Mi è tornato in mente vedendo spuntare sui giornali il nome di Giovanni Papini, tanto da far pensare a un vero revival dell’Omo Selvatico e del suo popolare Dizionario. È appena uscita una raccolta dei suoi racconti, recensita sul Foglio di sabato scorso. Il fascino della toscanità anti-moderna sembra goda di buona stampa, durante questa campagna elettorale. Fuori e dentro la Toscana, vicino e lontano da Piombino, lo spettro di Papini vive una seconda giovinezza.
Riccardo era nato nel 1968 ed è prematuramente scomparso nel 2005. Dei nati nei tardi anni Sessanta che sul finire degli anni Novanta iniziavano ad occuparsi di razzismo e antisemitismo era il più promettente. Il giudizio credo fosse condiviso da chi gli è stato più vicino di me e ha contribuito poi a raccoglierne gli scritti (“Spettri dell’altro. Letteratura e razzismo nell’Italia contemporanea”, il Mulino, 2009). Un volume importante, troppo presto sparito dalle bibliografie specialistiche. Riccardo era di tutti il più bravo. E anche il più originale e simpatico. In quel volume campeggia un saggio sul razzismo nella letteratura “alta” (dunque su Papini) che a me sembra insuperato. Notevolissimo è pure il contributo che apre il volume, sull’uso che la propaganda mussoliniana fece nel 1938 di Leopardi (“Ma Silvia era ariana?”, felicissimo titolo). Dicevo della vicinanza di chi gli ha voluto bene: Cristiana Facchini, Giuliana Benvenuti, Michele Nani, autori di una commossa postfazione. Essendo state scritte alcuni anni dopo la scomparsa di Riccardo, le pagine di quella postfazione hanno il merito di collocare i saggi e le iniziative ad essi connesse (in particolare la mostra bolognese “La menzogna della razza”) nel contesto politico e sociale dei primi anni Novanta, anni in cui, scrivono con efficacia gli amici di Riccardo, si assisteva alla “discesa in campo” con Berlusconi e con la Lega Nord di una nuova destra politica e allo “sdoganamento della vecchia destra erede del fascismo e dei suoi razzismi” (p. 178). Parole che valevano per i primi anni Novanta, ma continuano a valere per questa ripetitiva campagna elettorale 2022. Nulla sembra cambiare sotto il sole. Tuttavia, a distanza di quasi vent’anni dalla sua morte, viene spontaneo chiedersi se e in quale misura l’opera di questo giovane talento combaciasse con quel clima storico-politico o non ne fosse in buona parte estranea, come sempre dovrebbe accadere quando una persona seria insegue il vero e non il politicamente utile. Quel contesto impegnò coloro che scoprivano il 1938 e le leggi razziali: dopo decenni di incredibile silenzio, il mondo ebraico ne fu travolto. Schiere di coetanei di Riccardo furono indotti a pensare che con l’agitare la sciabola della menzogna della razza si potesse sconfiggere elettoralmente i protagonisti di quella infausta discesa in campo e di quell’ancora più infausto sdoganamento. Una ingenuità in cui caddero in molti e che, come si vede ai giorni nostri, non ha dato in politica i risultati sperati, facendo nascere molta retorica commemorativa e spesso, nel campo della produzione scientifica, risultati non sempre all’altezza.
Riccardo era di un’altra specie. Leggeva tutto, studiava le fonti da filologo, si muoveva con competenza fra la letteratura, la poesia, la critica letteraria e la storia della cultura. Conversare con lui era una gioia: sempre informato, aggiornato, eclettico, pungente. Conosceva molto bene la letteratura popolare dell’800, aveva un approccio serio e non retorico con la judaica. Fece in tempo a pubblicare un volume di storia della letteratura italiana del XIX secolo. Fortiniano ma senza i vezzi e le rigidezze di altri fortiniani d’ordinanza. Maneggiava un italiano meraviglioso, erudito ma senza vanterie.
Quando una giovane promessa muore presto, al dolore per la scomparsa si associa il rimpianto di chi sente crescere anno dopo anno il dolore causato dalla sua mancanza, dal non potere più stargli vicino per sentire dalla sua arguta voce il commento alla trasformazione subita dagli “spettri dell’altro”. Quali e quanti libri preziosi la morte inattesa ci ha impedito di leggere!

Alberto Cavaglion

(31 agosto 2022)