“Cori antisemiti allo stadio, servono provvedimenti forti”
La procura della Federcalcio ha aperto due indagini per i cori antisemiti urlati dai tifosi della Juventus a Firenze e da quelli dell’Inter a San Siro in occasione del derby. Casi vergognosi di cui danno conto oggi diversi quotidiani. “Alla Figc chiediamo un maggiore impegno, occorrono provvedimenti forti, definitivi, efficaci, come si è fatto e si fa in alte parti del mondo. A una persona che dice parole di odio antisemita non può essere permesso di tornare allo stadio dopo poco, come se niente fosse”, afferma la presidente UCEI Noemi Di Segni. Ad impegnarsi nel contrasto a ogni forma d’odio, prosegue Di Segni intervistata dal Corriere fiorentino, devono essere tre soggetti: “squadre, federazione, calciatori”. Nell’intervista, a margine di un’iniziativa del progetto educativo a Rondine, si fa poi riferimento al caso del consigliere di quartiere della Lega di Firenze che ha filmato una donna rom dicendo “se il 25 settembre ci votate non la vedrete più”. Per la presidente UCEI è necessario allargare il discorso: “l’Italia ha un problema di fondo: non ha mai fatto i conti con la propria storia. Non si è mai assunta la responsabilità del fascismo, ha sempre addossato le colpe agli altri, ai nazisti, anche sulle deportazioni e sullo sterminio degli ebrei. In più nel Paese ci sono radici profonde di odio causate anche da secoli di antigiudaismo presenti nella Chiesa e da tanta ignoranza, che si ritrova anche oggi in alcuni libri di testo. I vertici della Chiesa hanno preso le distanze da tale antigiudaismo, ne siamo consapevoli ed è positivo, ma le radici restano. In generale, lo dico anche a chi ci governerà dal prossimo 26 settembre, la responsabilità storica deve essere tenuta sempre presente”.
La scuola e i conti con il passato. “Sono tornati in aula con i capelli bianchi, recuperando, simbolicamente, il tempo perduto a causa della legge ‘per la difesa della razza nella scuola fascista’, firmata dal re Vittorio Emanuele il 5 settembre 1938, giusto 84 anni fa, che cacciò o escluse dalle scuole pubbliche gli studenti ‘di razza ebraica’”. Così Repubblica raccontando l’iniziativa a Rondine Cittadella della Pace, frutto della collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dove per trenta studenti l’anno scolastico si è aperto con il ricordo di otto Testimoni – Miriam Cividalli, Lello dell’Ariccia, Ugo Foà, Claudio Fano, Fabio Di Segni, Carla Neppi Sadun, Gianni Polgar, Nando Tagliacozzo – dell’infamia delle leggi razziste. “Primo fra gli ex allievi a raccontarsi – riporta Repubblica – è Ugo Foà, 94 anni, che nel ’38 si vide ‘strappato un diritto’, ferito dall’umiliazione di ‘studiare da solo, in casa, senza più i compagni’, i quali comunque lo ignorarono”. La Stampa riproduce invece l’intervento a distanza della senatrice a vita Liliana Segre, in cui ha raccontato come nel 1938 diventò “una bambina invisibile”.
Pisa, rinominare la via dedicata al rettore fascista. Una nuova petizione, con un’ampia raccolta firme, è stata presentata all’amministrazione comunale di Pisa affinché la via intitolata a Giovanni D’Achiardi, rettore dell’Università locale che nel 1938 con zelo applicò le leggi razziste, sia rinominata in onore del docente livornese Raffaello Menasci, che fu tra le vittime dell’espulsione e fu poi assassinato ad Auschwitz. “L’anno scorso il consiglio comunale ha bocciato la proposta, sostenuta dal Pd e dai consiglieri di sinistra, con 15 voti contro 12, – riporta Domani – dopo un surreale dibattito in cui è stato detto che cambiare nome alla strada avrebbe creato problemi ai residenti, ma anche che era una ‘proposta radical chic, tendente a delegittimare gli avversari politici’”. Ora si aspetta la nuova decisione dell’amministrazione di Pisa.
Monaco ’72 e le scuse tedesche. Nell’anniversario dei cinquant’anni dalle Olimpiadi di Monaco, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha chiesto perdono per la strage degli undici atleti israeliani massacrati dai terroristi di Settembre Nero ai Giochi il 5 settembre 1972. Ne parla oggi il Fatto Quotidiano, evidenziando come il gesto, pur tardivo, “è politicamente tanto coraggioso quanto significativo. Perché ammette corresponsabilità collaterali, ossia l’incapacità della polizia tedesca di difendere e salvare gli atleti presi in ostaggio da Settembre Nero”.
Il caso Abu Akleh. Secondo la magistratura militare israeliana c’è “un’alta possibilità” che la reporter di Al Jazeera Shireen Abu Akleh sia “stata colpita accidentalmente” da spari dall’esercito israeliano. Dall’altro lato, “non è possibile determinare in modo inequivoco la fonte” dei colpi. E resta “rilevante” la possibilità, ha proseguito l’esercito, che Abu Akleh “sia stata colpita da pallottole sparate dai palestinesi armati”. Per questo la Procura militare israeliana, riporta oggi il Giornale, non aprirà un’indagine penale contro soldati visto che “non c’è alcun sospetto che sia avvenuto un atto criminale” tale da giustificarla.
Il destino degli Uiguri. “L’entità della detenzione arbitraria e discriminatoria di membri della comunità uigura, kazaka e kirgisa prefigura l’esistenza di crimini contro l’umanità”. È quanto afferma il rapporto delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella regione cinese del Xinjiang. La Cina, racconta Repubblica, ha esercitato fortissima pressione nei confronti della responsabile del rapporto, Michelle Bachelet, affinché non venisse pubblicato. Bachelet, undici minuti prima della fine del suo mandato da Alto Commissariato sui Diritti Umani lo ha divulgato. Dolkun Isa, leader del World Uyghur Congress, ha espresso soddisfazione per il rapporto che certifica con il timbro delle Nazioni Unite “una realtà nei confronti della quale il mondo non pub più tacere: c’è un genocidio in corso ed è tempo per la comunità internazionale di agire con decisione”.
Segnalibro. Paolo Mieli sul Corriere riflette sul saggio in uscita per Laterza il 9 settembre La Germania sì che ha fatto i conti con il nazismo, a firma di Tommaso Speccher nell’interessantissimo, in uscita il 9 settembre per le edizioni Laterza. Un volume in cui sono rievocati “i processi celebrati nella Repubblica federale tedesca” e in cui “spicca il ruolo assunto dal magistrato Fritz Bauer, determinato a punire i carnefici agli ordini di Hitler”.
Daniel Reichel