Racconto e cammino,
strumenti di memoria

La ventiquattresima camminata “Attraverso la Memoria”, svoltasi domenica 4 settembre al Colle delle Finestre, ha portato anche quest’anno tante persone di diversa provenienza (italiani, francesi, israeliani, americani, tedeschi, anche venezuelani; ebrei e non ebrei) a ripercorrere i sentieri attraverso i quali, dal 9 al 12 settembre 1943, al seguito dei soldati italiani cercarono la salvezza quasi mille ebrei in fuga dalla résidence forcée di St.Martin Vésubie dopo l’armistizio dell’Italia con le Forze Alleate e il conseguente abbandono dell’area di occupazione italiana al sopraggiungente esercito tedesco. La marcia in montagna che ad anni alterni attraversa i Colli Finestre e Ciriegia (i percorsi seguiti dalle famiglie in cerca di scampo) e la breve, intensa cerimonia che si svolge al valico con i gruppi provenienti dal versante italiano e da quello francese rappresentano in realtà il clou di un appuntamento di più giornate articolato in una serie di incontri dedicati a fatti, personaggi, aspetti differenti. Tutti i temi affrontati sono comunque legati alla medesima epopea degli ebrei provenienti da St. Martin Vésubie: alla ricostruzione delle tante storie di salvezza, di generosità e aiuto da parte degli abitanti delle vallate intorno a Borgo San Dalmazzo, e delle numerose vicende di cattura, di deportazione e di morte del settembre-novembre 1943.
L’Associazione Giorgio Biandrata di Saluzzo, creatrice dell’iniziativa, e il Comune di Borgo San Dalmazzo che insieme ad altre Amministrazioni ne ha raccolto l’eredità hanno dunque saputo elaborare con intelligenza quell’iniziale progetto di condivisione collettiva del percorso salvifico, trasformandolo in un coinvolgente impegno di riflessione pubblica e di dialogo. La memoria storica diviene così oggetto di incontro e di approfondimento, cosa davvero non abituale in un clima in cui il dibattito pubblico è dominato dall’effimero o dalle più gratuite polemiche.
Quest’anno mia moglie ed io abbiamo scelto di partecipare alla camminata e alle manifestazioni connesse scendendo sul versante francese. Eccoci dunque, venerdì scorso, a St.Martin Vesubie. Finalmente lo vediamo davvero, dopo averne tanto letto nelle ricostruzioni storiche della vicenda: un bel villaggio montano immerso nel cuore di una valle boscosa; le vie e le case del centro hanno ancora in parte il fascino, l’autenticità vecchio stile che ci permettono di immaginarle nei primi anni Quaranta del secolo scorso, quando erano rifugio precario per tanti ebrei in fuga da mezza Europa. In questi giorni, accanto ai villeggianti di fine stagione, ad animare la vita del borgo sono diversi francesi della zona di Nizza, pochi italiani e soprattutto un nutrito gruppo familiare israeliano/americano, giunti qui con un preciso scopo: ricordare, ripercorrere, raccontare e ascoltare i racconti, riattraversare e condividere le esperienze di vita uniche e decisive di chi settantanove anni fa compiva scelte cruciali per l’esistenza propria e dei propri cari di fronte al pericolo incombente della cattura e della deportazione. Il numeroso gruppo familiare è quello di Abraham Schonbrun, un amabile distinto e intelligente ottantaquattrenne di origine cecoslovacca che aveva quattro anni quando si salvò con sua madre e i suoi fratelli: la moglie, le figlie, i nipoti e i bisnipoti con le loro famiglie (sono tredici in tutto) da Gerusalemme – dove ora risiedono dopo vari anni negli USA – lo hanno accompagnato a St.Martin Vésubie per visitare luoghi e persone, per calpestare quelle strade, per celebrare la nuova vita, le nuove generazioni nate dalla sua salvezza; anche se certo li accompagna il ricordo doloroso del padre di Abraham, Joseph, ebreo chassidico paradossalmente arruolato in un’armata cecoslovacca mentre cercava di portare in salvo la sua famiglia e poi arrestato a Entracque dai nazisti che dal Campo di Borgo San Dalmazzo lo deportarono ad Auschwitz.
Le giornate della memoria organizzate quest’anno a St.Martin Vésubie si aprono in una calda atmosfera ebraica, con una Kabalat Shabbat e una cena allestite dalla grande famiglia che è qui in visita. Continuano, all’insegna del racconto intenso e rivissuto, il giorno dopo, quando nella sala della Mediateca comunale quattro generazioni ripercorrono le storie delle loro famiglie, i racconti di persecuzioni di fughe e di arresti ascoltati e sofferti sin dall’infanzia. Insieme alle narrazioni emergono le riflessioni, le confessioni sui lasciti di memorie così difficili da gestire. Ecco che la memoria diviene ricchezza inestinguibile, percorso produttivo capace di aggiungere nuovi particolari ai fatti noti e di rendere condivise personalissime esperienze umane individuali. Una ampiezza, una profondità di prospettive rilevanti sia dal punto di vista storico, sia in ambito psicologico.
La camminata in gruppo di domenica verso il Colle delle Finestre, l’incontro con i tanti che arrivano dal versante italiano, i discorsi della cerimonia sembrano quasi liberare in modo positivo, nel segno di un “mai più” e di un rifiuto condiviso dei totalitarismi e delle violenze attuali,
l’energia produttiva sviluppata dal pomeriggio precedente.
Infine, rientrati al villaggio dopo la marcia, eccoci alla commovente cerimonia finale davanti alle lapidi che ricordano i Giusti salvatori, i salvati e i 357 ebrei che sono stati deportati dal Campo di Borgo San Dalmazzo (quelli di cui raccontano magistralmente Adriana Muncinelli ed Elena Fallo in “Oltre il nome”, Le Chateau, 2020-2021). Il Sindaco di St.Martin Vésubie sintetizza la vicenda e porta l’omaggio della Città, citando i Giusti francesi che hanno aiutato gli ebrei perseguitati; Abraham Schonbrun, col suo ebraismo forte e pieno, recita El Maleh Rahamim ammantato del talled; i partecipanti leggono i nomi di ciascuno dei deportati dal Campo di Borgo, tra i quali vari bambini e ragazzi. Un brivido di sofferenza attraversa il pubblico.
Tre giorni intensi, tre giorni di memoria (speriamo) costruttiva.

David Sorani

(6 settembre 2022)