L’editore ucraino Leonid Finberg
“Contro gli invasori, pubblico libri”

La difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa non passa solamente dalla lotta armata. Anche continuare a coltivare la cultura, a scrivere e pubblicare libri, è un modo per rispondere al tentativo di Vladimir Putin di cancellare e riscrivere il presente e il passato. Lo spiega a Pagine Ebraiche Leonid Finberg, fondatore di una delle realtà editoriali più autorevoli del suo paese. La sua casa editrice Dukh i Litera, principale fonte di letteratura ebraica per i lettori ucraini, ha continuato a lavorare anche in questi mesi di conflitto. E a stampare pagine di cultura, ponendo l’accento sulla diffusione delle idee liberali.

Dopo sei mesi di aggressione russa che significato ha avuto per lei quest’ultimo Giorno dell’Indipendenza?
Per me l’indipendenza dell’Ucraina è un valore incondizionato. Nel mondo moderno gli Stati, in particolare gli Stati forti, sono garanti della vita e dello sviluppo umano. Sento particolarmente forte la definizione di indipendenza, sapendo che la tragedia della Shoah è avvenuta anche perché gli ebrei non avevano uno Stato indipendente. Grazie a Dio, oggi non è così. Le enormi perdite degli ucraini durante la seconda guerra mondiale erano dovute anche al fatto che lo Stato ucraino esisteva in modo abbastanza condizionale e faceva parte di un impero in cui né le persone né le nazioni erano valutate.

Come è cambiata la percezione della democrazia in Ucraina dopo Maidan e dopo l’aggressione russa?
La mia idea di democrazia si è formata grazie alla mia pluriennale attenzione a questo fenomeno, prima come lettore, e poi come editore, dei libri forse più autorevoli sull’argomento. Il fenomeno Maidan è stato una delle azioni più potenti nella storia europea moderna per proteggere la democrazia, i diritti umani e la dignità umana. La logica continuazione di ciò è l’opposizione degli ucraini e dell’intero mondo civile all’aggressione russa in Ucraina. Per quanto posso, cerco di contribuire alla vittoria sui barbari.

In questi mesi di invasione ha scelto di continuare a pubblicare libri con la sua casa editrice, come mai?
Se la prima settimana dopo l’inizio della guerra ero un po’ confuso, la settimana successiva ho deciso autonomamente che il massimo che potevo fare in questa situazione era salvare la casa editrice Dukh i Litera (Spirito e Lettera) e il Centro di studi ebraici dell’Accademia di Kyiv-Mohyla. Entrambe queste strutture funzionano da più di 30 anni e hanno la loro influenza sullo sviluppo della società civile e sullo sviluppo dell’Ucraina. Non sono più una persona così giovane (per età, non per anima) e quindi non ho l’opportunità di partecipare direttamente alla difesa del Paese. Certo, quando ero giovane, ero nell’esercito sovietico, ma il comandante mi disse: “Sei così intelligente, ma spari così male”. Forse, dopo tutto, sono più utile a partecipare allo sviluppo spirituale della società.

Con questa idea è nata la casa editrice?
Sì. Con il mio amico Kostyantyn Sigov abbiamo avviato e organizzato le attività editoriali. Abbiamo raggiunto quota 700 volumi pubblicati. Lo scorso anno ne abbiamo pubblicati 70 e siamo stati riconosciuti come la prima casa editrice del Paese (primo posto secondo le valutazioni degli esperti). Il nome della casa editrice, Spirito e Lettera, rappresenta una combinazione del campo delle scienze spirituali (cultura) e del significato di regolamentazione (diritti) delle attività per le persone.

Uno dei suoi obiettivi è tradurre in ucraino scrittori ebrei di origine ucraina che però scrivevano in altre lingue. Perché è importante?
Le priorità della nostra casa editrice sono la pubblicazione di libri sulle tradizioni del liberalismo e della democrazia, la letteratura cristiana, libri di storia e cultura ebraica. Nel campo della Giudaica abbiamo pubblicato oltre 100 libri. È un ambito dimenticato per decenni dall’Unione Sovietica. Naturalmente, fatta eccezione per i libri antisemiti che volevano contrastare il sionismo. Penso che Dukh i Litera abbia influenzato la formazione delle tendenze filoebraiche nella società ucraina dopo decenni di propaganda antiebraica nell’Urss. In una delle conferenze l’eminente dissidente Leonid Plyushch ha detto: ‘Gli ucraini non conoscono la storia ebraica e gli ebrei non conoscono la storia ucraina. Ma la cosa peggiore è che gli ebrei non conoscono l’ebraico e gli ucraini non conoscono l’ucraino’. La situazione è leggermente migliorata negli ultimi decenni e noi abbiamo dato il nostro contributo. Secondo l’analisi del principale storico ucraino Yaroslav Hrytsak, Dukh i Litera pubblica il 95 per cento dei libri sulla storia e la cultura ebraica nel paese. Purtroppo abbiamo pochi concorrenti.

Che ruolo gioca la cultura ebraica nella società ucraina?
Durante questi decenni di sviluppo democratico dell’Ucraina, sono diventate accessibili anche a noi le conquiste della cultura democratica mondiale, inclusa la sua componente ebraica (film, libri, giornalismo, ecc.). E così la parte più influente degli intellettuali ucraini ora condivide opinioni filoebraiche. Un ruolo importante l’hanno svolto i classici della letteratura, da Ivan Franko e Lesya Ukrainka, agli scrittori moderni Yuri Andrukhovych, Lina Kostenko, Sofia Andrukhovych, Sashko Irvanets, Marianna Kiyanovska.

Come ha vissuto la sua identità ebraica dal regime comunista fino a oggi?
In larga misura la mia identità di ebreo si è formata in tempi più o meno liberali, quando non c’erano più repressioni totali staliniste e i valori del mondo civile si stavano gradualmente aprendo a che li cercava. Ho avuto la fortuna di affermare questi valori attraverso le mie attività e la mia vita e, al meglio delle mie capacità, di contribuire a illuminare i principi del liberalismo e della democrazia, così come la conoscenza della storia e della cultura ebraica, del dialogo ebraico-cristiano e ucraino-ebraico.

In questa società, che ruolo ha avuto Zelensky? E la sua origine ebraica?
Appartengo a quella parte della società ucraina che è molto più vicina ai valori sostenuti dell’ala di Poroshenko e del suo entourage. Valuto gli anni del governo di Zelensky più negativamente che positivamente. In primo luogo, perché non ha delle linee guida definite sulla sua visione del mondo e comunque non mi sono vicine. Prima dell’inizio della guerra, lui ealtri “Servitori del popolo” hanno fatto molte cose che hanno ridotto o, in alcuni casi, distrutto le tendenze positive dello sviluppo democratico del Paese, sostenute dalla squadra del precedente presidente. Allo stesso tempo all’inizio della guerra il presidente Zelensky e il suo entourage hanno fatto molte cose giuste per affrontare il nemico. Penso che la sua origine ebraica, di cui mi chiedi, non giochi un ruolo speciale. Non è portatore di cultura ebraica e tradizioni ebraiche. Così, nel primo anno della sua presidenza è stato il primo presidente ucraino a non onorare la memoria di coloro che sono morti nell’anniversario di Baby Yar (più tardi, però, si è saputo che lui e la moglie avevano deposto fiori al monumento la sera).

Abbiamo visto come i razzi russi abbiano colpito alcuni monumenti della Shoah. Che impatto ha avuto sulla società ucraina?
Ha reagito a questi eventi in modo adeguato, condannando i razzisti, come in tutti gli altri casi, per aver ucciso persone, ignorato le regole di guerra, abusato dei prigionieri, e così via.

Come viene percepito la Shoah nella memoria ucraina?
Oggi possiamo parlare di ciò che la società ucraina sa della tragedia della Shoah. Non quanto vorremmo, ma molto più di quanto non si sapesse in epoca sovietica. Tuttavia questa memoria include ancora in gran parte influenze sovietiche, che, come tutte le altre versioni sovietiche della storia, sono distorte. Ad esempio la propaganda sovietica non riferì delle prime esecuzioni di massa di ebrei a Kamianets-Podilskyi, e poi in altre città. Erano avvenute mesi prima della tragedia di Baby Yar. Raccontandole per tempo la gente avrebbe avuto una chance per evitare la tragedia. E ancora, dopo il Patto Molotov-Ribbentrop, le tragedie dei popoli europei e degli ebrei furono messi a tacere nei mass media sovietici. Ci sono molti esempi simili.

Cosa ha pensato quando Putin ha lanciato le sue false accuse secondo cui Kiev è nelle mani dei nazisti?
Tutto ciò che dicono Putin e i suoi satrapi sono esempi di inganno, vicino a quello dei nazisti. Le odierne opinioni pubbliche del mondo e dell’Ucraina reagiscono a questo, secondo me, in modo adeguato. Rappresentando sia il paese aggressore che il suo leader come barbari del XXI secolo.

Come valuta il ruolo dell’Europa in questo conflitto? Sente solidarietà?
Penso che quasi tutta la nostra società sia molto grata al mondo, all’America, alla Gran Bretagna e a tutti gli altri Paesi europei che supportano l’Ucraina nel resistere alla folle aggressione della Russia. Siamo infinitamente grati a tutti coloro che ci aiutano ad arrivare alla vittoria. Allo stesso tempo tutti coloro che ci aiutano devono ricordare che in prima fila ci sono gli ucraini, che non solo salvano la vita dei loro parenti, della loro gente, ma proteggono anche il mondo da coloro che, a causa delle peggiori ideologie, sono pronti a distruggerlo.

Diversi intellettuali si sono mobilitati per l’Ucraina. Che peso ha la loro voce?
Quasi ogni giorno sento le voci di filosofi, storici, scrittori di tutti i Paesi del mondo che sono dalla parte del bene, dalla parte dell’indipendenza ucraina, della dignità degli ucraini e della dignità delle persone come creazione di Dio. Ci sono voci più profonde in questo coro, non posso elencarle tutte, ma sono centinaia, migliaia.
Se dovessi nominarne uno citerei Timothy Snyder, uno dei più acuti storici dell’Europa centrale e orientale. È molto importante che non solo ascoltiamo queste voci, ma anche che gli intellettuali e le comunità europee ascoltino le voci degli intellettuali ucraini: Serhiy Zhadan, Vitaly Portnikov, Olena Styazhkina, Yaroslav Hrytsak e altri.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Ottobre 2022