Rinnovamento, cambiamento, continuità
Il titolo che ho scelto è un po’ lo specchio di una visione che oggi si va chiamando con espressione inglese “politically correct”. Si tratta di un modo di guardare al mondo che non va molto di moda. Le forze politiche che si presentano come “nuove” in campagna elettorale attaccano a testa bassa, indicando nella “correttezza politica” (cioè nel valorizzare gli elementi di ragionevolezza a scapito di quelli di scontro e contrasto) una sostanziale rinuncia a una propria autonomia di azione. Io la penso in modo diverso. Se volgiamo lo sguardo alle comunità e ai singoli ebrei che hanno popolato l’Italia nel secondo dopoguerra i tre concetti di cui sopra sono un dato di fatto storico più che un programma, e riflettono una modalità che credo sia valida anche per l’Italia non ebraica. In ambito ebraico, di sicuro si sono registrati elementi di grande continuità. Le comunità che si sono definite nel tempo “italiane” hanno testimoniato la loro millenaria presenza nelle diverse città riproponendo forme rituali e culturali di antica tradizione, preservate con una caparbietà che a ben vedere ha dell’incredibile, che ha permesso di superare l’immane tempesta della Shoah. Un vento di cambiamento ha raggiunto le stesse comunità con gli uomini e le donne della Brigata ebraica, che hanno iniettato negli antichi nuclei ebraici della Penisola nuovi e inediti modi di essere ebrei nel presente: studio della lingua ebraica come strumento di comunicazione e di creatività e non più solo come lingua sacra, Lashòn haqòdesh, usata in preghiera. Organizzazione di esperienze sociali, campeggi, campi di lavoro collettivo. Intervento orgoglioso, da protagonisti, nella dialettica politica del Paese. Connessione con le comunità ebraiche negli altri paesi. Rinnovamento, infine, determinato dall’arrivo in Italia nel corso di diversi decenni di gruppi ebraici provenienti da fuori Europa. A dire il vero non si tratta in questo caso di una novità: l’intera storia dell’ebraismo in Italia (direi l’intera storia d’Italia!) è stata il frutto dell’apporto di continue migrazioni. Negli ultimi decenni si sono stabiliti – come singoli e come comunità – ebrei provenienti dalla Libia, dall’Egitto, dalla Siria, dal Libano, dall’Iran, che si sono assommati all’attività di provenienza statunitense (ma in effetti culturalmente proveniente dall’Est Europa) dei Chabad. Il confronto, a volte lo scontro e le incomprensioni, altre volte e più spesso l’accoglienza e la reciproca comprensione fra i membri del gruppo “italiano” e i nuovi immigrati portatori di istanze differenti, ha contribuito a importanti processi di rinnovamento, grazie ai quali l’ebraismo in Italia oggi si presenta come una realtà articolata, multiforme e attiva. Questa, mi sembra, è la fotografia storica che determina la cornice in cui operiamo. Da qui, credo, può partire una riflessione più ampia sul significato dei fenomeni migratori, sulla loro gestione e valorizzazione. Ne usciremo migliori.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC