Tragico promemoria

Quasi silente, come gli ultimi istanti di vita di chi se n’è andato per sempre in mezzo al Mediterraneo, appena percepibile in mezzo al frastuono elettorale e bellico che ci accompagna tra giornali tg e talk show, ci è arrivata la notizia della morte di sei persone (per sete, per sfibramento totale) su una barca di dieci metri che avrebbe dovuto portarle alla salvezza in Europa. Tre di loro erano bambini.
Cosa ci comunica questo fatto, insignificante per le sorti del mondo ma lacerante per le nostre coscienze? È innanzitutto un terribile segnale: se eventi del genere possono facilmente accadere in questo finale d’estate è perché niente o ben poco è cambiato rispetto alle tragiche morti dei profughi in mare aperto di qualche anno fa. Benché per motivi umanitari, politico-economici, o solamente propagandistici l’Europa si fosse ripromessa di dare una risposta costruttiva alle disperate fughe di massa, alle richieste di accoglienza, alla necessità di evitare le traversate votate alla morte, nessuno di tali obiettivi è stato raggiunto e neppure seriamente perseguito. Ecco perché queste morti dovrebbero essere per il mondo europeo e non solo (ora alle prese con la questione energetica e un’inflazione galoppante) un doloroso memento. Purtroppo non lo saranno, perché i problemi legati al proprio benessere sono più urgenti e hanno l’assoluta precedenza.
In seconda istanza quelle morti nel mare, riproponendo in modo angosciante il tema migrazioni, fanno emergere ora più che mai un concreto timore. Le destre europee, trionfanti oggi in Svezia e probabilmente il 25 settembre in Italia, si uniformeranno sulla questione stranieri e sbarchi alla linea di chiusura totale che un battagliero Salvini in formato elettorale ha già preannunciato? O a quella ancora più drastica del blocco navale preconizzato da Meloni e compagnia? Comunque sia, si preannunciano situazioni pesanti.
La piccola barca anonima lasciata per giorni al suo destino tra i flutti ci suggerisce infine una terza considerazione. Solo quando i grandi del mondo capiranno sulla loro pelle che il tema migranti e immigrazioni è un nodo ineludibile e globale dalla cui risoluzione positiva (cioè capace di far emergere dal baratro chi rischia di sprofondare) dipendono anche le prospettive economiche generali, solo allora forse ci sarà qualche concreta possibilità di uscire dall’incubo di queste morti ingiuste. Perché solo l’interesse al proprio sviluppo sembra muovere oggi le nazioni.
Inevitabilmente il nostro pensiero va allora alla Torah, che impone invece l’accoglienza e l’aiuto allo straniero non per il personale tornaconto di chi apre le porte, ma per la salvezza di chi viene da un mondo estraneo vivendo una condizione che noi già abbiamo vissuto e perché non vada smarrita la nostra dignità umana, chiamata sempre a misurarsi nei confronti dell’altro.
David Sorani

(20 settembre 2022)