Gadiel, la testimonianza del coraggio

Un lungo e sofferto lavoro di introspezione ha portato Gadiel Gaj Taché alla scelta di scrivere un libro sul 9 ottobre 1982. Sul segno che ha lasciato in lui e nella sua famiglia, privata dell’affetto del fratellino Stefano. E sul trauma, sulla ferita aperta di tutta una comunità. Il silenzio che urla, pubblicato dall’editore Giuntina, è un libro che scuote. Non l’unico libro scritto sul 9 ottobre ma senz’altro un libro “unico”, come è stato evidenziato durante una serata sui temi che quest’opera solleva svoltasi nella sede della Camera di Commercio al Tempio di Vibia Sabina e Adriano. L’iniziativa, organizzata dal Centro di Cultura Ebraica della Comunità di Roma, è stata per Gadiel un’ulteriore opportunità di elaborazione. Ma anche un momento in cui gli altri ospiti intervenuti hanno potuto aprire capitoli importanti di riflessione. Dai tanti nodi irrisolti a livello di responsabilità, sicurezza e repressione della minaccia terroristica alla “pandemia” di un antisemitismo spesso declinato anche nella variante dell’odio contro Israele che quel giorno, all’uscita del Tempio Maggiore, uccise il piccolo Stefano e ferì altre 40 persone. Accanto a Gadiel, introdotti dal vicepresidente della Comunità ebraica Ruben Della Rocca, i giornalisti Maurizio Caprara e Fiamma Nirenstein e il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi. Tutti legati a quel 9 ottobre e al suo riverbero, variamente declinato, nella coscienza pubblica italiana. “Ci vuole coraggio a far uscire dall’anima i sentimenti, a farceli arrivare come presa di coscienza e responsabilità” aveva esordito la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello nel suo saluto iniziale, manifestando gratitudine per la scelta di Gadiel di raccontare e raccontarsi. “Una storia ancora senza tante risposte e con molte responsabilità da accertare”, ha poi aggiunto la presidente degli ebrei romani. Tanti i punti che restano da chiarire. Partendo dagli effetti del cosiddetto “Lodo Moro”: un fantasma che continua ad aleggiare su questa vicenda e che, è stato anticipato, sarà al centro di un convegno di prossima organizzazione. Parole di apprezzamento anche dal rabbino capo rav Riccardo Di Segni, che ha evidenziato “i tanti aspetti differenti del libro: il dolore della testimonianza personale, il percorso alla ricerca di un equilibrio, la ricostruzione puntuale dei fatti”. Sullo sfondo un evento lacerante “in cerca di verità”. Un saluto anche da Lorenzo Tagliavanti, il presidente della Camera di Commercio: “Le civiltà – ha detto – si sostanziano attraverso le storie che vengono raccontate; quella che andremo a ripercorrere riguarda tutti i cittadini di Roma indistintamente”. Diversi gli argomenti trattati dai relatori, che hanno portato un pezzo del proprio vissuto e pensiero. Soprattutto toccanti le parole di Gadiel, che ha spiegato come Il silenzio che urla fosse un progetto che covava nella testa da anni. E come l’impulso decisivo sia scaturito dopo i drammatici fatti di Parigi del gennaio del 2015, con gli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato casher di Porte de Vincennes. Il libro, pensato anche per le nuove generazioni, andrà in distribuzione nelle biblioteche delle scuole di Roma.