Voto utile e naso libero

Per gli ebrei andare a votare è un dovere? È preferibile scegliere un partito o candidato, anche se fortemente minoritario, che rispecchi perfettamente le proprie convinzioni o è più consigliabile il cosiddetto voto utile? Immagino che su questioni come queste ci saranno molteplici discussioni e pareri rabbinici, ed è assai probabile che le risposte non siano univoche. Quindi sarebbe molto presuntuoso da parte mia presentare le mie idee come se fossero l’approccio ebraico alle elezioni. Personalmente, però, sono convinta che le mie opinioni in merito siano fortemente influenzate dalla mia identità ebraica e per questo mi fa piacere avere l’occasione di esporle in un contesto ebraico.
Per la verità credo che sulla prima questione ci sia ben poco da discutere. Il voto ci offre la possibilità di indirizzare il presente e il futuro del paese in cui viviamo e quindi di contribuire, dal nostro punto di vista, al suo benessere. Rinunciare a questa possibilità sarebbe venire meno al nostro dovere, non assumerci le nostre responsabilità. Mi pare che sarebbe un comportamento incompatibile con la morale ebraica.
Più delicata e complessa la seconda questione, quella del “voto utile”, ma proprio per questo mi pare interessante (anche se, almeno quest’anno, dal mio punto di vista si tratta di un problema puramente teorico, che non mi tocca personalmente). A mio parere il voto non è una dichiarazione di fede, non serve per essere tranquilli con la propria coscienza. Per quello abbiamo le tefillot, avremo tra poco i dieci giorni penitenziali, il digiuno di Kippur. E non serve neppure a dire che Tizio o Tizia ci sta più simpatico di Caio o Caia (a chi lo stiamo dicendo se siamo soli nella cabina elettorale?). Il voto serve per mandare in parlamento una persona e non un’altra, per far sì che il parlamento voti certe leggi e non altre. È meglio mandarci qualcuno che ci piace un pochino che voterà qualche legge che ci piace un pochino o non mandarci nessuno e tornare a casa con la magra soddisfazione di aver votato con convinzione qualcuno che ci piace moltissimo e ha idee bellissime che resteranno sulla carta? Personalmente non mi sentirei a posto con la mia coscienza sapendo di aver buttato via la mia piccola porzione di influenza sul destino del mio paese. Si tratta di esercitare l’arte del compromesso, non sempre ben vista di questi tempi ma lodata dal Talmud.
Esercitare l’arte del compromesso non vuol dire turarsi il naso, luogo comune molto abusato nei periodi che precedono le elezioni (così come altre frasi che le persone si sentono obbligate a scambiarsi come se fossero necessarie per buona educazione: tanto fanno tutti schifo, non ci sono più quelli di una volta, ecc.) Ma davvero ci crediamo tutti così tanto superiori ai nostri politici (tutti, senza eccezioni) da doverci addirittura turare il naso per votare il partito che ci piace di più? Oppure questa presa di distanza preventiva è un modo per non assumersi fino in fondo la responsabilità delle proprie scelte? Personalmente (a meno che non mi venga un raffreddore) domenica esprimerò un voto libero con il naso libero.
Auguro a tutti un anno 5783 buono e dolce e un voto buono e utile.

Anna Segre

(23 settembre 2022)