L’antologia curata da David Bidussa
Rileggere Mussolini, capire l’Italia

Un grande fermento editoriale sta accompagnando l’Italia verso l’appuntamento del 28 ottobre, data in cui ricorreranno i cento anni dalla Marcia su Roma. Saggi, romanzi e inchieste: sono decine i titoli già usciti o di prossima distribuzione nelle librerie.
L’anno della svolta. Quello in cui il fascismo da movimento “anti-Stato” decide di “farsi stato”. Intendendo con ciò non soltanto l’andare al governo nel segno di quella prova di forza. Ma, come ha scritto lo storico sociale delle idee David Bidussa sul Sole 24 ore, anche l’idea di “farsi accettare dallo Stato, ossia eliminare tutte le ambiguità precedenti” in grado di “suscitare diffidenza, perplessità e opposizione” da parte di una pluralità di soggetti. Dalla monarchia all’esercito, dalla magistratura all’apparato burocratico.
A Bidussa si deve la pubblicazione di un testo di fondamentale importanza per cogliere le diverse fasi di quella stagione. Quasi 800 pagine compongono la raccolta di scritti e discorsi elaborati da Mussolini di cui è stato il curatore per Feltrinelli. Una fotografia diacronica che mette al centro la figura del dittatore e le sue scelte retoriche e al contempo fa luce su alcuni snodi relativi alle vicende dell’Italia contemporanea “nel passaggio dalla società uscita dal Risorgimento, ordinata e governata dalla classe dirigente piemontese, a una realtà costretta a misurarsi con le sfide del Novecento”. D’altronde, evidenzia il curatore, “Mussolini non nasce ‘già fatto’ così, ma sta dentro un secolo col quale si confronta e dal quale apprende”. Per capirne di più è andato alle radici, avviando la sua indagine nel lontano 1904. L’anno in cui un giovane Mussolini si trova a discutere, in quel di Losanna, con il pastore Alfredo Taglialatela. Il tema è l’esistenza di Dio. Una “storia italiana” che, tra continuità e scarti profondi, si dipana fino all’ultimo comizio. È il tardo pomeriggio del 23 aprile 1945. Inesorabili ormai si avvicinano la Liberazione e per lui la fine. Un epilogo che s’immagina in Valtellina, che come noto mai raggiungerà, “per l’ultima e disperata difesa”. Nel mezzo trascorrono quarant’anni di cui magistralmente Bidussa, operando le sue scelte, decostruisce i codici culturali e linguistici.
La prima parte del libro è dedicata a tre “autoritratti”. A tre momenti, cioè, in cui Mussolini prese le misure della sua dimensione politica. Guardando alle esperienze del passato, ma proiettandosi anche nel futuro. Nel novembre del 1913, con il lancio del periodico Utopia: nell’inverno del 1922, quando si pose il problema “di quale Europa” si stesse ricostruendo e di quale ruolo accreditarsi; e nel 1932 in un dialogo con Emil Ludwig significativo perché in esso “traccia il bilancio di un decennio” e “affronta le trasformazioni in atto sul piano internazionale”. La seconda parte si articola invece in cinque sezioni, ciascuna delle quali individua una fase definita con lo scopo di delineare “sia la sua parabola sia il lascito culturale” derivante dalla sua azione. La prima è incentrata sull’iniziale militanza socialista. La seconda sulla virata a destra. La terza è dedicata alla costruzione del regime. La quarta all’elaborazione di un sistema totalitario. La quinta e ultima sul suo tragico compimento. Un processo graduale. Come graduale, ma pochi seppero vedere, e quasi nessuno contrastare, furono l’avanzare del razzismo e dell’antisemitismo di Stato. “La intera razza bianca, la razza dell’Occidente, può venire sommersa dalle altre razze di colore che si moltiplicano con un ritmo ignoto alla nostra” declamava già nel 1928, molti anni prima della campagna d’Etiopia e delle infami leggi razziste.
Nell’antologia curata da Bidussa non poteva mancare, tra tanti, un discorso. Ed è quello che il dittatore pronunciò a Trieste, il 18 settembre del ’38, annunciando l’emanazione dei provvedimenti antiebraici. Il discorso, tristemente celebre, dell’ebraismo mondiale come “nemico irreconciliabile del fascismo” e della necessità di una “separazione”. Persecuzione dei diritti prima e persecuzione delle vite poi. Ricorda Bidussa, a tal proposito, che l’antisemitismo fascista “nasce da un’idea complottista e vittimaria della politica”. Politica che si incontra con quella nazista, ma che nella storia culturale del fascismo ha radici più antiche del ’38. E, per rivendicazione stessa di Mussolini, non è da considerarsi “una copia del nazismo”.
La storia non è però finita, ammonisce lo studioso. Parole d’ordine come quella della “nazione da salvare” dagli stranieri e dunque nella difesa dell’italianità si sono infatti riverberate nell’Italia repubblicana nel linguaggio politico a destra, in quell’immaginario “che oggi denominiamo sovranismo”, ma anche in certe aree di sinistra “unite dall’esaltazione della nazione in funzione antiglobalista”. 
Bene quindi tenere gli occhi aperti, leggere, informarsi.

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