Ricordare il nove ottobre:
memoria, storia e racconto

Una mostra e di un podcast per ricordare l’attentato palestinese al Tempio Maggiore di Roma del 9 ottobre 1982. Nella sua dimensione di atto terroristico impunito. Ma anche come ferita “ancora aperta nella coscienza civile e spirituale del Paese”. Ha più diramazioni il progetto “9 Ottobre 1982. Memoria, Storia e Racconto di un delitto dimenticato” promosso dalla Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna (Fscire) insieme all’Associazione B’nai B’rith e al Comitato per gli anniversari di Interesse nazionale della Presidenza del Consiglio dei ministri, con la collaborazione della Comunità ebraica di Roma e della casa editrice Giuntina. L’occasione per parlarne una conferenza stampa tenutasi alla sala Nassirya del Senato.
“Stefano Gaj Taché era prima di tutto un bambino italiano” ha esordito la senatrice Maria Elena Boschi, richiamando le parole di Mattarella nel giorno del suo insediamento. Quel suo riferirsi, toccante e incisivo, al “bambino italiano” di soli due anni ucciso nell’attacco. Memoria viva di una lacerazione destinata a non rimarginarsi. Un esercizio “condiviso da tutti, dall’intera comunità italiana”, ha detto Boschi. Senza però dimenticare “il ritardo colpevole delle nostre istituzioni” nella ricerca di verità e giustizia. Quell’evento drammatico, le parole del rabbino capo rav Riccardo Di Segni, “ha rappresentato il culmine di una campagna diffamatoria e ostile apertasi in Italia fin dal mese di giugno di quell’anno”. Ma anche in seguito, il suo messaggio, l’Italia ha fatto molte resistenze nell’elaborare quanto accaduto. Prova eloquente “la grande fatica istituzionale” per far sì che il piccolo Stefano fosse inserito tra le vittime del terrorismo. Il rav, parlando del lavoro di ricomposizione di memorie in atto, ha poi elogiato “il ruolo fondamentale svolto dai testimoni”. Come annunciato dalla presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, il Capo dello Stato sarà presente alla cerimonia che si terrà in sinagoga domenica mattina. A caratterizzarla l’ingresso di un nuovo Sefer Torah nel nome del piccolo Stefano. “Il grande tema dell’attentato è il diritto di Israele ad esistere. Al riguardo vorrei ringraziare chi, in questi 40 anni, ha preso posizioni chiare”, ha affermato Dureghello. Parole di grande apprezzamento, inoltre, per l’imminente visita di Mattarella. Un atto che “ci dà fiducia e speranza”.
A presentare gli obiettivi della mostra, allestita alle Terme di Diocleziano, il professor Melloni. Un’iniziativa, è stato spiegato, che è “il compimento di una lunga ricerca” e che si propone di affrontare la complessità “di un infanticidio e di uno spargimento di sangue avvenuti in un luogo sacro”. In mostra “pagine dei quotidiani, dispacci, note di polizia, atti giudiziari, informative di intelligence”; oltre a una interpretazione del celebre j’accuse di Bruno Zevi al Consiglio comunale di Roma. Melloni è anche il curatore di uno speciale di Rai Storia sull’attentato che sarà trasmesso nel fine settimana.
“Schegge dell’anima” è invece il podcast scritto e letto da Giancarlo De Cataldo con le musiche di Nicola Piovani. Basato sul libro-testimonianza “Il silenzio che urla. L’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre” di Gadjel Gaj Taché, è stato ideato da David Parenzo e Shulim Vogelmann di Golem Multimedia e sarà diffuso dal gruppo editoriale Gedi. Quattro puntate per un totale di 140 minuti in cui, oltre alle “testimonianze intime della famiglia Gaj Taché”, si andrà a ricostruire “l’ambiente sociale e politico dell’Italia di quegli anni attraverso le voci di altri personaggi coinvolti”. Ad intervenire alla conferenza stampa anche il vicedirettore di Repubblica Carlo Bonini, il direttore del Museo Nazionale Romano Stephane Verger e Gadiel Gaj Taché. Il motore, col suo libro, delle tante iniziative intraprese. “Ho scritto questo libro – ha detto – perché ho pensato fosse necessario dare ai giovani uno strumento, un’opportunità per approfondire questa storia”.

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