L’iniziativa a Casale Monferrato
Sukkot, incontri sotto la capanna

Ancora una volta erano in tanti attorno alla capanna costruita nel Cortile delle Api del complesso ebraico di Casale Monferrato. Da anni la Comunità ebraica casalese prende molto sul serio il fatto che Sukkot sia una ricorrenza dedicata a gioia, amicizia e condivisione, come lo sarà del resto anche Channukkah. Anche per questo si è deciso di creare una continuità tra questi momenti in cui la città monferrina si stringe intorno alla “sua” comunità. E quindi non solo ci si è trovati di fronte alla Sukkah per rievocare questa festa, ma anche per presentare la 252esima opera che, proprio a Channukah, entrerà a fare parte della collezione del museo dei lumi: la straordinaria raccolta di lampade d’artista. La nuova opera è Astrochannukah di Mara Cantoni.
Tra i tanti ospiti della giornata è stato Monsignor Mancinelli, responsabile del dialogo interreligioso della diocesi, a sintetizzare il significato della festa. “Sukkot è praticamente l’atto di nascita del popolo di Israele uscito dall’Egitto. E la sukkah, la capanna, ci ricorda la fragilità di un cammino in cui l’unico riparo è un tetto che lascia intravvedere il cielo, che è il nostro vero tetto. E poi c’è il significato di ringraziamento del raccolto e della celebrazione dell’acqua come segno della continuità tra una stagione e l’altra”. Roberto Gabei, presidente della Fondazione Arte Storia e Cultura Ebraica a Casale e in Monferrato, entra nel merito dell’arte e dell’artista: “Mara Cantoni ha fatto tante cose e tutte bene: dalle collaborazioni con il teatro Alla Scala a quelle con Milva, è un’artista poliedrica”. Daria Carmi, curatrice del museo dei Lumi, introduce il punto di coesione tra Sukkot e quest’opera: “Come ha ricordato monsignor Mancinelli, nella Sukkah si devono vedere le stelle. Nella capanna c’è qualcosa di metafisico che ci porta al di là della Terra verso lo spazio”. E l’opera di Mara Cantoni esce decisamente al di fuori da questo pianeta, arrivando fino all’orbita di Nettuno. “La prima cosa che mi è venuta in mente – racconta l’artista – è che i lumi di una Chanukkiah sono otto più uno, come i pianeti del sistema solare. All’inizio mi è sembrato di contaminare il mondo ebraico con qualcosa di estraneo, poi ho capito che invece era un discorso coerente: in una Chanukkiah c’è lo shamash, il lume che accende tutti gli altri, ma in ebraico ‘sole’ si dice shemesh, e senza il sole i pianeti sarebbero al buio. E poi c’erano altri riferimenti, come la costante del numero tre”. L’opera che, di fatto, è anche un bellissimo planetario (con tanto di anelli di saturno), è stata realizzata da Daniele Bagatti, artigiano milanese, in rame, alluminio e ottone.
Nell’ebraismo la ricerca della bellezza e della armonia con la natura e l’universo è insita in tutte le cose, così l’arte è scivolata in modo naturale nel momento della tradizionale benedizione legata a Sukkot, così ricca di significati simbolici, in cui ogni frutto della terra lega il mondo degli uomini al trascendente. Una natura che si esprime anche nei sapori. Come è tradizione, la capanna ha ospitato un piccolo banchetto fatto di dolci al miele, cioccolato, cannella. Se non è gioia questa…

Alberto Angelino

(19 ottobre 2022)