In corteo per Mahsa

Per commemorare i quaranta giorni dall’uccisione di Mahsa Amini, in molte città iraniane si sono tenute manifestazione in sua memoria, che le autorità hanno cercato di impedire. La più partecipata, come raccontano i quotidiani oggi, è stata quella di Saqqez, città di origine di Amini, uccisa il 16 settembre scorso a Teheran dopo essere stata arrestata con l’accusa di non aver indossato correttamente il velo. L’immagine simbolo, in prima pagina sul Corriere e usata da molti quotidiani, è quella di una giovane ragazza, capelli al vento, che fa il segno della vittoria mentre è in piedi sul tetto di un auto, davanti a migliaia di persone che cercano di raggiungere a piedi o in macchina il cimitero di Saqqez dove è sepolta Amini. “Il quarantesimo giorno, per la religione islamica, coincide con la fine del lutto, è il momento in cui l’anima si separa dal corpo per raggiungere il paradiso. Le autorità sapevano che il 26 ottobre sarebbe stata una data ‘pericolosa’ e hanno attuato tutte le norme di sicurezza che pensavano potessero bastare per arginare la marea dei manifestanti che vedevano crescere all’orizzonte”, spiega il Corriere. Le immagini dei cortei sono comunque filtrate e circolate sul web, fino, racconta La Stampa, al blackout imposto dal regime. Una ong ha raccontato che la polizia ha sparato sui manifestanti, usando proiettili veri. “Così il regime cerca di soffocare la rivoluzione”, evidenzia il quotidiano torinese. “Ieri non era solo la memoria di Mahsa a muovere i cortei, – aggiunge Repubblica – ma quella di tutte le vittime della repressione di queste settimane: almeno 244 persone uccise finora, 34 delle quali minorenni”.

Herzog da Biden. A proposito di Iran, il presidente israeliano Isaac Herzog ha incontrato ieri il presidente Usa Joe Biden, a cui ha mostrato le prove che i droni usati dai russi in Ucraina sono di fabbricazione iraniana. “Una visita dominata dal dossier Kiev e dal possibile superamento della lunga neutralità di Israele dopo l’ulteriore rafforzamento dell’alleanza tra la Russia e l’arci nemico Iran, – sostiene La Stampa – anche se la linea verrà decisa dal nuovo governo dopo le incerte elezioni politiche del primo novembre: se dovesse tornare Benjamin Netanyahu, che ha un saldo rapporto personale con Vladimir Putin, sarebbe più probabile un mantenimento dello status quo”.

Pericolo nucleare. In cima alle preoccupazioni israeliane, scrive Domani, rimane in ogni caso la corsa all’atomica di Teheran. Il quotidiano ricostruisce le azioni di Gerusalemme per fermare il regime degli ayatollah. Tra queste, ritardare il nuovo accordo sul nucleare considerato troppo permissivo. Le ultime evoluzioni in Iran hanno comunque bloccato le potenze occidentali da ogni eventuale firma. Per Domani lo scenario potrebbe essere l’ipotesi “estrema, ma ventilata di un’uscita dell’Iran dal Trattato di non proliferazione nucleare”. A questo punto, sostiene il quotidiano, Israele sarebbe costretta “ad alzare il livello delle proprie azioni di deterrenza nei confronti della Repubblica islamica, con i conseguenti rischi di un’escalation tra i due paesi”.

Elezioni israeliane. In vista delle elezioni israeliane del Primo novembre, il Foglio dedica un approfondimento alla figura di Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit. “Ancora oggi – scrive il Foglio – Ben-Gvir si dichiara candidamente seguace di Rabbi Meir Kahane, assassinato a New York da terroristi islamici e leader del partito di estrema destra Kach, messo fuori legge per le sue tesi razziste”. Secondo i sondaggi Ben Gvir, assieme all’alleato Bezalel Smotrich, potrebbe raggiungere i 14 seggi e il leader del Likud Benjamin Netanyahu dovrebbe contare su di lui per provare a raggiungere la maggioranza. Il Foglio riporta le parole dell’editorialista Ben Caspit secondo cui allearsi con l’ultra destra “sarebbe un incubo per Netanyahu, abituato a essere un leader pragmatico, che ha sempre preso le distanze dall’avventurismo politico e militare”. L’alternativa per Netanyahu, scrive il quotidiano italiano, sarebbe proporre ai centristi Gantz e Lapid “un accordo per salvare il paese dagli estremisti”.

Autobiografie. A proposito di Netanyahu, sul Corriere si parla della sua autobiografia “Bibi: la mia storia” uscito in ebraico e in inglese. In particolare si riportano alcuni passaggi rispetto ai rapporti con Obama e con Trump. Al primo Netanyahu scrive di aver chiesto di bombardare l’Iran; rispetto al secondo dice che inizialmente sospettava di lui (“Netanyahu non vuole la pace”, si sarebbe sfogato). Poi “lo ha convinto che a non volerla fosse Abu Mazen, il raìs che l’ex presidente non ha più voluto sentire”. Il pezzo del Corriere si conclude citando cosa Netanyahu scriva del presidente russo Putin: “Ripercorre la relazione molto stretta e ventennale con il presidente e lo esalta: ‘Ha ricostruito l’Armata russa in una forza formidabile’. Ci sarebbe stato il tempo – sostiene il Corriere – di ritoccare le bozze dopo l’invasione dell’Ucraina, che racconta una storia diversa”.

Conflitto globale. Rispetto all’attualità e all’invasione russa in Ucraina, diversi quotidiani riportano le parole di Putin su una possibile guerra mondiale: “un potenziale di conflitto nel mondo nel suo insieme, così come a livello regionale, rimane molto alto”, le sue parole. Nello stesso giorno, rileva La Stampa, “Mosca è tornata ad attaccare l’Italia”. Questa volta lo scontro diplomatico riguarda l’iniziativa sulla lotta alla proliferazione di armi di distruzione di massa, che si tiene a Roma e a cui la Russia non partecipa. “Un atto ostile”, accusa la portavoce degli esteri di Mosca, Maria Zakharova. “L’esclusione è motivata non solo dalla brutale aggressione all’Ucraina”, ma anche dall’atteggiamento “polarizzante e non cooperativo” della Russia nei fori internazionali, la replica della Farnesina.

Antifascismo al femminile. “Fin dal 1919, come rivelano i documenti di archivio, divampò una ‘resistenza sommersa’ al femminile: vennero uccise circa un centinaio di donne. A loro vanno aggiunte quelle castigate a suon di nerbate, torturate o menomate in quanto parenti di comunisti e socialisti. La memorialistica antifascista e i rapporti di polizia, tutti redatti da uomini, hanno poi occultato il fenomeno”. Lo racconta su Repubblica Mirella Serri mettendo in luce il ruolo delle donne nella lotta contro il fascismo.

Daniel Reichel