Gli ebrei italiani e la Marcia su Roma
Ricorre oggi il centenario dalla Marcia su Roma, l’atto fondativo del Ventennio fascista. Un incontro organizzato da Comunità ebraica romana e Sovrintendenza capitolina ai beni culturali ha messo al centro in queste ore le scelte degli ebrei italiani in quel periodo storico. A parlarne, in un dialogo moderato da Tommaso Giuntella, lo storico Michele Sarfatti e il giornalista Aldo Cazzullo. Ex direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano e autore tra gli altri de “Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione” il primo. Nelle librerie in questi giorni con “Mussolini il capobanda. Perché dovremmo vergognarci del fascismo” il secondo. A portare un saluto, in apertura d’incontro, la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello.
“Una data che merita di essere ricordata. Dietro a questo avvenimento dalle conseguenze terribili si rende infatti necessaria una riflessione sul ruolo degli ebrei nella società italiana”, l’introduzione del rabbino capo rav Riccardo Di Segni. “Gli ebrei – ha detto il rav – erano spalmati su tutto l’arco politico: ce n’erano in camicia nera e tra chi ha fatto opposizione”. Una data presa come riferimento per raccontare l’evoluzione dell’ebraismo italiano nello spazio di un secolo. Come ha evidenziato il rav, molto è cambiato da allora. Anche per le conseguenze della persecuzione avviata in seguito dal fascismo, a partire dalle leggi razziste del ’38. “Numericamente parlando siamo oggi la metà. Alla Camera non c’è neanche un ebreo ed è la prima volta che succede dalla Liberazione. Nel 1922 ce n’erano nove. Al Senato invece erano venti: oggi abbiamo una senatrice a vita, nata ebrea, e una senatrice ebrea eletta”.