“I rabbini siano leader
e parlino col cuore”

Nei momenti più acuti della pandemia, nei primi mesi tra restrizioni e lockdown, rav Johnny Solomon si è posto come un argine contro la solitudine. Mettendosi a disposizione per parlare al telefono con chiunque, nel chiuso della propria abitazione, sentisse l’esigenza di ascoltare parole di Torah. Ma anche una voce empatica e amica.
“La solitudine è uno dei grandi drammi di quest’epoca. Solitudine sociale e nei rapporti. Solitudine che colpisce, isola e uccide. Un tema enorme emerso durante la pandemia. Ma che certo non ci lascerà come per magia con la fine del Covid” racconta questo giovane rabbino inglese, allievo del rav Jonathan Sacks, guadagnatosi il soprannome di “Virtual Rabbi” per la sua capacità di comunicare attraverso l’uso delle nuove tecnologie e dei loro derivati. Dai social a Whatsapp, una miniera costante di sollecitazioni e messaggi nel segno di un’identità “da condividere consapevolmente e con gioia”. Rav Solomon si trova in Italia, su invito dell’area Educazione e Cultura UCEI. Molti e diversi i pubblici con i quali si confronterà in questi giorni tra Roma e Firenze. Con una classe di rabbini e studenti del Collegio Rabbinico Italiano ha parlato ieri di “comunicazione rabbinica efficace”. A breve invece sarà protagonista di un dialogo con dei formatori nell’ambito di uno Shabbaton, si rivolgerà a una platea di giovani e adulti sul tema “Essere un jewish influencer”, discuterà con un gruppo di studenti liceali e insegnanti di identità e sfida educativa.
“È la prima volta che sono in Italia. Qualcosa già sapevo del Paese e della sua storia ebraica. Ma certo, trovarsi sul posto, è diverso. È davvero interessante quel che ho visto finora” commenta con Pagine Ebraiche, facendo un bilancio delle sue prime ore italiane. A colpirlo “l’intensità e bellezza di alcune ritualità, oltre alle radici profonde di alcune storie familiari: si possono tracciare linee di secoli e millenni”. E ancora, aggiunge, la maestosità della cupola della sinagoga di Roma “visibile da tutti e sette i colli”. La bellezza aiuta, riflette rav Solomon. Il contenuto è essenziale, ma anche il contenitore ha un ruolo. “Tutto ha la sua importanza. Come ci poniamo, il modo di parlare, come ci vestiamo” l’incipit della sua lezione davanti ad alcuni colleghi italiani, nella sede del Centro Bibliografico UCEI. Comunicazione verbale, ma anche attenzione al “body language”. Rav Solomon, nell’affrontare l’argomento, ha illustrato i dieci punti individuati dall’americano Joe Navarro. A partire dall’impegno ad essere visibili, tra e con la gente. “I grandi leader – il suo pensiero – non devono solo essere ascoltati, ma anche visti. Molti leader purtroppo oggi falliscono perché non si fanno vedere, né lasciano mai il loro ufficio. Qualcuno addirittura si nasconde di proposito”.
A risuonare anche la lezione del suo Maestro, il rav Sacks, tra le voci ebraiche più influenti del pianeta. Un rabbino dalla grande visione la cui forza – evidenziava rav Solomon all’indomani della scomparsa, avvenuta nel novembre del 2020 – derivava anche dall’attenzione ai più piccoli gesti e dettagli. A quel “calore dei rapporti umani” che anche l’allievo ritiene imprescindibile per dare forza e senso alla missione rabbinica.
“Siamo oggi di fronte a fenomeni come Facebook o Google, grandi mezzi per informare e connettere le persone. Una comunicazione virtuale intrinseca nella tradizione ebraica perché può raggiungere tutti, ovunque, così come l’ebraico ha unito lungo i secoli tutti gli ebrei, sparsi per il mondo ma legati dalle stesse parole, rimasti in contatto fra di loro nonostante la distanza” uno dei messaggi affidati dal rav Sacks a Pagine Ebraiche, in un’indimenticabile intervista alla presenza dell’allora Presidente UCEI Renzo Gattegna. Una possibilità anche per parlare e lasciare un segno fuori dal mondo ebraico. Comunicare con l’esterno, aggiungeva infatti rav Sacks, “fa parte della nostra sfida come comunità, come minoranza all’interno della società”.
Impegno che anche rav Solomon ha preso molto sul serio. “Non mi sfugge il fatto di trovarmi in una città dove i rapporti con la maggioranza cristiana sono stati spesso travagliati. Ma non mi sfugge anche che qualcosa di significativo è avvenuto in questi ultimi decenni. Passeggiando in piazza San Pietro, ho pensato all’importanza epocale di un documento come la dichiarazione Nostra Aetate. Una svolta, una strada irrinunciabile”.

(Nelle immagini: rav Johnny Solomon; l’incontro con i rabbini italiani; il rav Jonathan Sacks mentre sfoglia Pagine Ebraiche insieme al Presidente UCEI Renzo Gattegna e al direttore della redazione giornalistica dell’Unione Guido Vitale).

(28 ottobre 2022)