Netanyahu vede la vittoria

Secondo gli exit poll, il blocco guidato dal leader del Likud Benjamin Netanyahu otterrà la maggioranza e potrà formare il prossimo governo del paese. Le proiezioni infatti danno la sua coalizione a 62 seggi (su 120 della Knesset), come scrivono diversi quotidiani italiani oggi, dal Corriere al Giornale, parlando di ritorno di Netanyahu al potere. In queste ore lo spoglio appare confermare questo quadro, ma è ancora presto per avere certezze. Ci sono tre partiti, gli arabi di Ra’am e di Balad e la sinistra di Meretz, che potrebbero non passare la soglia di sbarramento. Se tutti e tre dovessero riuscirci, si potrebbe prefigurare un nuovo stallo con nessuno dei blocchi in grado di ottenere la maggioranza. Al contrario, la vittoria di Netanyahu si consoliderebbe, garantendo al leader del Likud una maggioranza meno risicata. “Bibi is back”, lo slogan che, racconta La Stampa, si sente in diverse parti del paese.
Dato certo, l’affluenza: il 71,3 per cento degli aventi diritto si è recato alle urne. La percentuale più alta dalle elezioni del 2015.

Il trionfo dell’estrema destra. Chi celebra il proprio successo è il partito di estrema destra Sionismo religioso, che con ogni probabilità diventerà la terza forza della Knesset. Un risultato mai ottenuto prima, descritto dai quotidiani come un trionfo che porterà in parlamento – e forse al governo – il leader di Otzmah Yehudit (Potere ebraico) Itamar Ben Gvir. Repubblica lo descrive in questi termini: “un discepolo del movimento Kach messo al bando negli Stati Uniti, che non solo rifiuta ogni dialogo con i palestinesi di Cisgiordania e Gaza, ma definisce i 2 milioni di cittadini arabi di Israele una ‘quinta colonna’ e mette nel mirino la Corte Suprema, arbitro dell’equilibrio nazionale”. Secondo lo scrittore israeliano Etgar Keret, intervistato dal Corriere, “Ben Gvir è come una start-up di nicchia – settario, messianico, razzista – che è riuscita a tirar fuori un prodotto di massa. E il nuovo iPhone, il modello aggiornato di Netanyahu che invece mantiene uno stile da statista. Questa è la versione TikTok della destra”. Keret aggiunge, sempre rispetto a Ben Gvir, di non aver “mai visto nessun politico, forse solo Lapid, attrarre così tanto i giovani delle metropoli: permette anche ai giovani laici delle città di incanalare la rabbia verso gli arabi. Ma – sostiene Keret – rischiamo di perdere l’Israele moderata e aperta al mondo”. Sul fronte opposto, Libero parla di “una sinistra quasi estinta”.

Il governo di Gerusalemme e il rapporto con l’Ucraina. L’utilizzo da parte russa di droni Shahed iraniani preoccupa i vertici israeliani. Questa vicinanza tra Teheran e Mosca può avere molti risvolti negativi per la sicurezza d’Israele, scrive oggi il Foglio, che racconta come operativi iraniani siano stati intercettati sul territorio ucraino. Per il momento Gerusalemme, che ha assunto toni sempre più decisi contro l’invasione russa, ha fornito aiuti civili a Kiev e mantenuto un equilibrio con i russi, con cui è legata per questioni di sicurezza sulla Siria. Ma, evidenzia il Foglio, la leadership ucraina, anche alla luce della svolta verso Teheran di Mosca, vorrebbe un passo ulteriore d parte d’Israele con l’invio di sistemi antimissile. Spetterà al nuovo governo decidere cosa fare. “La paura di Kyiv – sostiene il quotidiano – è che con Netanyahu si torni indietro, anche per una complicità che lo ha spesso legato a Vladimir Putin”.

Il sottosegretario e la svastica. “Come valuta quella sua foto travestito da gerarca nazista, viceministro Galeazzo Bignami?” “È molto grave. E infatti sento una profonda umiliazione”. Così Repubblica apre il suo colloquio con Bignami, nominato dal governo Meloni come numero due alle Infrastrutture e ora al centro della polemica per il citato scatto. “È una foto del 2005. Avevo 29 anni ed era il mio addio al celibato. – afferma Bignami – Mi conciarono così, sa come va in quei casi, uno perde il controllo della situazione”. Il nuovo viceministro afferma di provare “imbarazzo”. “Sono in difficoltà umana. – aggiunge – In tutta la mia attività politica e istituzionale ho sempre espresso vicinanza, stima, sostegno al popolo ebraico e ad Israele. Consegnare di me una rappresentazione grottesca, denigratoria, vergognosa è solo frutto di una strumentalizzazione politica che non accetto”.

Norma anti-rave. Il nuovo articolo “anti-rave” del codice penale, voluto dalla nuova maggioranza e che prevede fino a sei anni di carcere per chi organizza raduni non autorizzati, è al centro di molte discussioni. La normativa è stata introdotta dopo il caso di Modena, dove un raduno è stato sgomberato senza incidenti. Secondo le opposizioni è una novità inaccettabile perché liberticida, racconta il Corriere. Per l’ex presidente della Consulta Giovanni Maria Flick “andrebbe subito verificata la costituzionalità di questa estensione dei limiti”. “A quanto ricordo – dice l’ex Guardasigilli – la Costituzione parla di limitazioni ‘soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica’ mentre non fa cenno a pericoli per l’ordine o per la salute pubblica”. Intervistato dal Corriere il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dichiara di trovare “offensivo attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento. In ogni caso la conversione dei decreti si fa in Parlamento, non sui social. In quella sede ogni proposta sarà esaminata dal governo”.

Dialogo. Il Foglio traduce un intervista a Pierre Manent e Alain Finkielkraut pubblicato da Le Figaro in cui si parla di fede, di rapporto tra mondo ebraico e cristianesimo, di antisemitismo. In uno dei passaggi, Finkielkraut parla del suo ebraismo e afferma di essere attento alle metamorfosi dell’antisemitismo. “Noto il suo passaggio dall’estrema destra, dove rimane residuale, all’estrema sinistra, dove si diffonde attraverso l’elettoralismo, il clientelismo, per attirare le nuove persone. Noto anche il cambio di linguaggio. L’antisemitismo non è più una forma di razzismo, ma una forma di antirazzismo. Israele, stato dell’apartheid, stato giudeo-nazista, dicono negli ambienti dell’ultra-sinistra. Osservo anche con ansia l’incompatibilità che sta emergendo tra l’ipermodernità e la perseveranza ebraica, la caparbietà ebraica. Quello che il cristianesimo ha chiamato a lungo indurimento ebraico. Ricordo un articolo del 2004 su Débat in cui di Tony Judt diceva: “Nel mondo della mescolanza, in cui le barriere della comunicazione sono quasi abbattute, in cui sempre più persone hanno identità multiple, identità elettive, Israele è un vero anacronismo”. Questa parola mi ha spaventato. Attualizza l’antica accusa, sviluppata anche, va detto, da Pascal, contro l’ebreo carnale, l’ebreo di generazione in generazione”.

Daniel Reichel