Il fattore Ben-Gvir

Il consenso ottenuto dall’estrema destra è la chiave di lettura principale sulla stampa italiana nel trattare l’argomento delle elezioni israeliane. Alcuni titoli: “L’ultradestra incorona re Netanyahu” (Corriere), “L’estrema destra riporta in sella Netanyahu” (Repubblica), “Netanyahu formerà il governo più a destra della storia di Israele” (Il Sole 24 ore), “Israele, neo-faro delle destre” (Il Fatto Quotidiano), “Il ritorno di Netanyahu: governo con l’ultra-destra” (Messaggero), “Con Netanyahu e Ben-Gvir Israele vira ancora più a destra” (Avvenire). “Le divisioni tra gli arabi e la mancata alleanza tra i due pezzi della sinistra storica, che presentano programmi molto simili e attraggono gli stessi elettori, hanno di fatto contribuito alla vittoria di Netanyahu”, l’analisi del Corriere. Il primo partner del Likud si annuncia ora “l’estrema destra del Partito Sionista Religioso, con figure che in passato hanno invocato l’espulsione dei cittadini arabi da Israele” (Repubblica). Sviluppo che, si legge, “preoccupa gli alleati, ancor prima che i nemici di Israele”. Secondo Il Sole 24 ore, “più delle reazioni nel mondo arabo, più di Teheran, è con gli Stati Uniti che potrebbe aprirsi un confronto pericoloso”. Ben-Gvir, nel ritratto che gli dedica il Fatto, è descritto come “agitato, scalmanato, esaltato, vociante, noto per comparire quando ci sono violenze tra arabi e ebrei, o tra israeliani e palestinesi, per urlare vendetta, scaldare gli animi, chiedere punizioni implacabili e l’uso della forza”. Per Nahum Barnea, intervistato da Avvenire, “il successo schiacciante del partito sionista religioso ricorda la storia di altri movimenti estremisti che si sono trasformati nei partiti che hanno segnato l’Europa degli anni bui”. Il Giornale apre sulle prime parole di Netanyahu. Il suo discorso viene presentato come conciliante e caratterizzato dalla richiesta al popolo “di restare unito, perché la sua intenzione è quella di prendersi cura del benessere e della sicurezza di tutti”.

“Al corteo del 25 aprile Ignazio La Russa non lo voglio. Vada a mettere una corona di fiori alle Fosse Ardeatine a al Milite Ignoto, come facevano i ministri democristiani degli anni ’50 e della Guerra fredda, faccia quello che gli impone la sua carica istituzionale, ma poi si fermi lì”. È il pensiero dello storico Giovanni De Luna. Sfilare, scrive sulla Stampa, “sarebbe una resa umiliante per lui” e “un insulto per quelli che nel segno dell’antifascismo lo hanno combattuto”.

Centinaia di persone alla marcia in ricordo dei deportati ebrei dal nazifascismo svoltasi ieri a Genova. L’iniziativa, riferisce Repubblica nelle pagine cittadine, è iniziata “con un applauso per Gilberto Salmoni, sopravvissuto al campo di concentramento di Buchenwald, e in ricordo dell’ex presidente della Comunità ebraica genovese Piero dello Strologo morto all’inizio dell’anno”.

Indagate otto persone che hanno partecipato al corteo di Predappio nel centenario della Marcia su Roma. “Avrebbero realizzato il saluto romano e ostentato simboli del disciolto partito fascista”, segnala La Stampa. Così Libero: “La sfilata di Predappio può non piacere. Però non è un reato”.

Su Avvenire un’anticipazione dall’ultimo libro di Andrea Riccardi sulla figura di Pio XII. “La Chiesa degli anni della seconda guerra mondiale non è stata imbelle o rifugiata in una zona grigia d’indifferenza ma, a contatto con i dolori, è stata capace di reagire nei modi più differenti”, sostiene lo storico e fondatore di Sant’Egidio.

Il ritorno al lavoro dei medici e del personale sanitario no vax disposto dal governo riporta in corsia Giusy Pace. Di chi si tratta lo ricorda tra gli altri l’Huffington Post: “Reintegrata l’infermiera di Novara che organizzò il corteo dei no-vax vestiti da deportati ebrei”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(3 novembre 2022)