La lezione di coraggio
di Peppino Vitale

A margine dell’inaugurazione del Beth Haknesset di Alessandria desidero ricordare un episodio, raccontatomi personalmente da Peppino Vitale. Premesso che Vitale era il massimo rappresentante della piccola Comunità piemontese e molto conosciuto (e benvoluto) nell’intera città di Alessandria. Nel 1938, dopo l’emanazione delle leggi razziste, fu costretto al lavoro obbligatorio previsto da quella infame legislazione. Per maggior spregio fu assegnato alla Nettezza Urbana con l’incarico di pulire le strade del centro cittadino con un appropriato lavoro di ramazza. Vitale non si scoraggiò, né cercò di sottrarsi alla vessatoria imposizione. Ricevuta l’indicazione del luogo e dell’ora dove doveva effettuare il lavoro, obbedì agli ordini ricevuti e si presentò puntualmente alla destinazione assegnatagli. Dato che non gli era stata assegnata una “uniforme di lavoro”, decise autonomamente quale abito indossare. Si presentò così sul nuovo “lavoro” in frac e cappello a cilindro e con quel vestito iniziò il “lavoro” di spazzare una delle strade centrali di Alessandria. Ovviamente, data la sua notorietà, dopo poco si radunò una piccola folla intorno a lui, mettendo in imbarazzo non lui, ma il funzionario fascista che gli aveva assegnato il lavoro. Il giorno successivo l’obbligo fu revocato…

Roberto Jona