Ticketless – Un posto al sole
Vorrei soffermare l’attenzione su un episodio futile. Mi vergogno per la mia leggerezza e mi scuso, ma non credo si tratti di una vicenda da sottovalutare. Una delle più popolari serie televisive, in onda da anni su Rai3, ha aperto di recente una finestra sulle leggi razziali. “Un posto al sole” è un prodotto televisivo di tutto rispetto. Ogni tanto lo guardo: è ambientato a Napoli, conserva qualche tratto della sceneggiata partenopea; mi incuriosisce lo strano modo con cui gli autori osservano la contemporaneità. Per esempio, durante il lockdown ha taciuto del tutto l’esistenza del Covid: i personaggi si muovevano come se nulla stesse accadendo. Un mondo altro. Camorra, disagio giovanile, omosessualità, bullismo, trappole della rete contro gli adolescenti sono stati invece al centro della trama. Da qualche giorno è spuntata (poteva mancare?) la memoria delle persecuzioni contro gli ebrei. I ritmi della narrazione come in ogni serie sono lentissimi. Bisognerà vedere che cosa salterà fuori da questa tenebrosa storia di una anziana signora che in un suo diario rievoca la vicenda di un’ebrea che durante la guerra ha abitato a Palazzo Palladino (crocevia di tutte le storie narrate). Prima di fuggire avrebbe lasciato un tesoro di oggetti preziosi, collane, monete d’oro. Un classico topos della letteratura di appendice ritorna. C’è poco da stare allegri. Cacciato dalla finestra della politica, viste le corali prese di posizione dei vincitori delle ultime elezioni, rapidi e solerti nel condannare la razzia romana del 16 ottobre 1943, il veleno del pregiudizio farebbe capolino nella più popolare delle comunicazioni televisive. Era già accaduto nell’Ottocento con il romanzo di appendice. A volte i fantasmi del passato ritornano e mai nel luogo dove i nostri occhi si posano per inerzia. (16/10/2022)
Alberto Cavaglion