“Uccisione di Rabin, una lezione
che non abbiamo colto”

“Anche dopo 27 anni dall’omicidio di Itzhak Rabin sembra che non sia cambiato molto, non abbastanza se nella società israeliana si manifestano sempre più allarmanti segni di incitamento e di escalation, di violenza che erode le fondamenta della democrazia”. È l’allarmato messaggio alla nazione del Presidente israeliano Isaac Herzog in occasione delle commemorazioni per il 27esimo anniversario dall’assassinio dell’ex Premier Rabin, ucciso il 4 novembre 1995 da un estremista dell’ultradestra. Dal cimitero sul Monte Herzl a Gerusalemme, Herzog ha parlato delle divisioni attuali nel paese e fatto riferimento alle elezioni che hanno visto l’affermazione della coalizione di destra guidata dal leader del Likud Benjamin Netanyahu. “Questo è il momento di abbassare le fiamme e mostrare responsabilità. Ai leader dell’opinione pubblica israeliana di tutti gli schieramenti, della prevista coalizione e della prevista opposizione, rivolgo un appello e una richiesta: abbiamo attaccato abbastanza, abbiamo combattuto abbastanza, abbiamo maledetto abbastanza”, le parole del presidente israeliano.
Alla cerimonia ha parlato anche il Premier uscente Yair Lapid: “Il destino ha voluto che questa commemorazione di Yitzhak Rabin avesse luogo solo pochi giorni dopo che lo Stato di Israele si è recato alle elezioni. Ne è uscito nuovamente diviso, nuovamente arrabbiato, nuovamente a rischio di dividersi in ‘noi e loro’”.
Assente alla cerimonia al Monte Herzl, dove era presente la famiglia Rabin, Netanyahu – che si prepara a formare il prossimo governo del paese – è invece intervenuto alla commemorazione organizzata alla Knesset. “Yitzhak Rabin era un patriota con molte virtù nella storia del Paese. Amava il Paese, combatteva per Israele, lo rappresentava nel mondo ed era un leader eletto dello Stato di Israele” le parole di Netanyahu, che definito la sua uccisione “un atto terribile, nauseante e violento che ha costituito un attacco alla democrazia”. E proprio in democrazia, ha aggiunto Netanyahu, “non dobbiamo mai permettere che il potere del pugno sostituisca il potere della persuasione”.
L’anniversario dell’uccisione di Rabin è stata ricordata nelle scorse ore anche dalla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni: “Una data che ciascun cittadino israeliano e ciascun ebreo in ogni comunità ha scalfita nel cuore come spartiacque per ricordare cosa significa essere parte di un popolo. La dialettica politica fatta di convinzioni personali e partitiche, di differenze nel modo di intendere il proprio essere ebrei oggi – religiosi, laici, credenti, sionisti – deve esser sempre intesa come perimetro di convivenza e crescita per un bene comune. Questo – le parole della presidente Di Segni – specialmente per i giovani che da adolescenti iniziano a partecipare e interrogarsi sui percorsi di vita collettiva. È stato inaugurato il parco della pace dedicato a Rabin lo scorso giugno a Roma: vedere lì bambini spensierati, ignari di paure e guerre, è un dono che ogni giorno riceviamo e non dobbiamo dare mai per scontato, considerando quello che accade ogni giorno appena accanto a noi”.
Tornando ai discorsi delle autorità israeliane, il Presidente Herzog ha voluto lanciare un messaggio diretto a chi in Israele e nella Diaspora ha visto con preoccupazione i risultati elettorali, in particolare l’affermazione dell’estrema destra del Sionismo Religioso. “Siamo tutti impegnati per il destino dello Stato di Israele, siamo tutti impegnati nella sua definizione di Stato ebraico e democratico che mantiene lo stato di diritto, i diritti umani e civili e il rispetto per tutti i gruppi minoritari al suo interno. Continueremo a proteggere le nostre fondamenta come popolo, come società e come Paese”, ha garantito Herzog.
Del risvolto delle elezioni israeliane nelle stesse ore si è parlato anche a Milano con il demografo Sergio Della Pergola, intervenuto a un’iniziativa organizzata dalla sociologa della Fondazione Cdec Betti Guetta intitolata “Identità e demografia ebraica in Italia e Europa: Interrogativi per il 21° Secolo”. Tra gli interrogativi, anche il futuro d’Israele alla luce delle elezioni con risultati che preoccupano Della Pergola, autorevole voce degli italiani d’Israele, e che hanno un legame con Rabin. “Con le ultime elezioni c’è stato un enorme aumento della corrente più integralista che purtroppo include elementi impresentabili nel partito Sionismo religioso, fra cui persone che hanno legami con l’omicidio di Rabin. Abbiamo in Parlamento due o tre elementi che sicuramente erano al corrente dei fatti e magari anche qualcosina di più. Questo, indubbiamente, per alcuni di noi crea una situazione molto preoccupante”, il commento di Della Pergola. Un tema che ha riflessi anche sull’ebraismo diasporico, ha evidenziato il demografo, poiché Israele – come emerge da un’indagine promossa dalla European Agency for Fundamental Rights (FRA) nel 2018 – è uno dei punti di riferimento del mondo ebraico internazionale. L’affermarsi però della citata corrente più integralista potrebbe aprire “a nuove fratture con la Diaspora. Soprattuto per la preclusioni che arrivano da Israele nei confronti di alcuni gruppi ebraici, in particolare americani”. Il timore, si evince dalle parole di Della Pergola, è di una polarizzazione sia nei rapporti interni allo Stato ebraico, sia con una parte dell’ebraismo al di fuori del paese. “Molto – aggiunge il professore emerito dell’Università Ebraica – dipende dalle comunità della diaspora di darsi un ordine e di asserire il proprio ruolo e non di farsi considerare come semplice colonia”.
Nel corso della presentazione Della Pergola ha poi evidenziato il grande problema dell’ebraismo europeo e americano: una natalità molto bassa, riflesso di un problema che tocca tutte le società occidentali. E che rafforza ulteriormente Israele come cuore dell’identità ebraica, alla luce invece di una straordinaria crescita demografica.
A questa situazione di criticità nei numeri, si aggiunge una questione messa in evidenza dalla sociologa Betti Guetta sulla base di una ricerca basata sulle risposte della leadership ebraica europea: la preoccupazione per la conflittualità interna alle comunità. Sia Guetta sia Della Pergola a riguardo hanno sottolineato la necessità di ricostruire un percorso di dialogo, che tocchi le diverse correnti ebraiche, per affrontare le sfide del futuro insieme. “Parliamo di Milano, qui ci sono moltissime sinagoghe. Troppe, a mio parere. Sono la rappresentazione di una divisione. Siamo tutti molto disillusi, ma io credo che ci sia un potenziale che guarda agli ebrei che hanno voglia di fare. Come si vede dalla ricerca della JDC, l’Italia è tra i Paesi europei uno di quelli con il livello di conflittualità interna e di allontanamento maggiori”. Va bene valorizzare le diversità e le tradizioni dei diversi gruppi etnici, ha aggiunto la sociologa, ma “bisogna avere qualche idea che possa mettere insieme anche comunità diverse”. Un discorso valido per l’Italia, ma anche, come dimostrano le parole di Herzog, per Israele.