Verso gli Stati generali
Per quale società
La pubertà e l’adolescenza – dopo la scuola dell’obbligo – si caratterizzano per la delicata ricerca di un’autonomia di idee, di modi di essere, di obiettivi da raggiungere, negli studi superiori, nel lavoro, nella vita. La dimensione personale, nella costruzione della propria identità, si fonde con la dimensione collettiva di altri giovani con cui ci si confronta e con i quali si condividono scelte di azione, di iniziativa, di valori di riferimento. Il processo che accompagna tale fase di trasformazione ed evoluzione dell’individuo lo pongono maggiormente al di fuori di quelli della famiglia, in parte da chi è più vicino, per conoscere, interpretare, capire, fare delle scelte.
È questo il momento, delicatissimo, in cui, con lo sviluppo delle capacità del pensiero astratto, ci si interroga sul senso di sé, della vita e delle sue ragioni, del contesto nel quale ci si trova e dove, forse, si costruirà la propria esistenza futura.
La pubertà e l’adolescenza – dopo la scuola dell’obbligo – si caratterizzano per la delicata ricerca di un’autonomia di idee, di modi di essere, di obiettivi da raggiungere, negli studi superiori, nel lavoro, nella vita. La dimensione personale, nella costruzione della propria identità, si fonde con la dimensione collettiva di altri giovani con cui ci si confronta e con i quali si condividono scelte di azione, di iniziativa, di valori di riferimento. Il processo che accompagna tale fase di trasformazione ed evoluzione dell’individuo lo pongono maggiormente al di fuori di quelli della famiglia, in parte da chi è più vicino, per conoscere, interpretare, capire, fare delle scelte.
È questo il momento, delicatissimo, in cui, con lo sviluppo delle capacità del pensiero astratto, ci si interroga sul senso di sé, della vita e delle sue ragioni, del contesto nel quale ci si trova e dove, forse, si costruirà la propria esistenza futura.
Per l’insieme di questi motivi, l’attenzione verso i giovani, costantemente ribadita, nelle sedi più diverse, rischia di essere parte di una ritualità banale se non ci si rivolge loro con una proposta sul futuro che stiamo preparando, per loro prima che per noi. “Per quale società?”: è questo il quesito rivolto, anni fa, da uno dei più noti pedagogisti italiani, Aldo Visalberghi, che chiamò a raccolta studiosi di altissimo livello e di diverse discipline. Visalberghi sottolineò come l’educazione – nella sua accezione più ampia di saperi e valori – non è materia da delegare ai soli specialisti della materia, ma responsabilità di chi deve dare forma a un Paese, a una società, a una comunità.
Posta in questi termini, la domanda non riguarda solo i giovani ma tutta la collettività e, in particolare che deve assumere decisioni sulla materia.
In ambito ebraico, il tesoro di una nobile Tradizione deve anche per questo confrontarsi con una realtà complessa per cambiamenti fisiologici – di innovazione tecnologica e sociale ed economica – e dinamiche relazionali di gruppi e persone una volta lontane e ora contigue. È questa la sfida – di enorme complessità – che abbiamo davanti nel prefigurare un processo educativo nel quale devono ragionare le scuole, dove ci sono, i movimenti giovanili, dove sono attivi, i Talmud Torà, le sedi di scambio e di approfondimento culturale comunitario.
Saul Meghnagi, pedagogista e Consigliere UCEI