Odio e cori antisemiti negli stadi,
serve repressione tempestiva

Davanti ai continui casi di cori antisemiti e razzisti negli stadi la reazione non può venire “soltanto dagli ebrei” ma “chiama in causa tanti soggetti: la filiera calcistica, la politica, la magistratura, ma anche della scuola”. Ad affermarlo in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. Colloquio che arriva dopo l’ennesimo caso di cori antisemiti – questa volta dalla curva della Lazio – e in cui Di Segni sottolinea come “la repressione anti-ultrà spesso manchi di tempestività”. “Sappiamo che molto spesso le stesse persone soggette a Daspo le ritroviamo da uno stadio all’altro e la legge non viene applicata”.
Nonostante il dialogo e la disponibilità di club e Federazione, alla fine la sensazione è che ci sia una certa “fatica nei rapporti”, evidenzia Di Segni. Viene detto: “si, bene, interessa, vediamo, però non sempre tutto questo genera una reazione e un intervento”. Serve dunque un cambio che deve toccare anche l’educazione sportiva nelle scuole. “I momenti in cui si comincia a vivere il calcio, a giocarlo, a tifarlo, sono decisivi. – la riflessione della Presidente UCEI a La Gazzetta – Bisogna contrastare questa banalizzazione offensiva secondo la quale dire ebreo è un insulto nei confronti dell’avversario. È una questione di cultura che riguarda tutte le famiglie”.
Come modello da seguire poi viene citata la campagna a cui l’UCEI ha aderito “not in my game”: “significa con me no, questo genere di parole, di striscioni, di cori non sono i miei”.

Midterm. “La corsa per il Congresso rimane serrata, senza segni di ‘onda rossa’”, titola il New York Times in merito allo spoglio in corso negli Stati Uniti per le elezioni di metà mandato in cui si decide il controllo della Camera e del Senato. Per avere il quadro completo dei risultati, spiega il quotidiano americano, “potrebbe volerci del tempo, ma ciò che è già chiaro è che le elezioni non si stanno svolgendo nel modo in cui i repubblicani si aspettavano”. Cioè con una vittoria schiacciante per il partito guidato dall’ex presidente Donald Trump. “Per ora, a giudicare dai primi risultati, il Partito democratico sta tenendo in varie elezioni contese. – spiega il Post – I Repubblicani hanno ancora ottime possibilità di vincere alla Camera e buone di vincere al Senato, ma i numeri mostrati nelle ultime settimane dai sondaggi avevano fatto sperare alcuni di loro in una vittoria più travolgente”. Intanto su La Stampa l’analista Moisé Naìm descrive gli Stati Uniti come “un Paese sempre più diviso, polarizzato, incattivito e questo è dovuto al fatto che Donald Trump è diventato il padrone del partito repubblicano e lo sta plasmando a sua immagine”. Per Naìm, “il tycoon non crede alla democrazia” e allo stesso tempo il presidente democratico Biden “è incapace di unire il Paese”. “Minacce agli scrutatori e tensione ai seggi, il voto segnato dall’odio”, titola invece Repubblica per descrivere il clima con cui si sono svolte le votazioni Usa.

La voce delle donne ebree. Milano si prepara ad accogliere il primo Forum nazionale delle donne ebree d’Italia. Un appuntamento promosso dall’associazione Adei Wizo, diviso in tre sessioni, con inizio previsto oggi alle 14.30 nella cornice della Sala Alessi di Palazzo Marino (Avvenire). A spiegare il significato del Forum a La Stampa, la presidente nazionale dell’Adei Wizo Susanna Sciaky. “Crediamo di avere qualcosa da dire: il nostro vissuto non è solo diversità, ma unione di intenti per un obiettivo comune. Siamo parte della società e vogliamo confrontarci sui temi di attualità, così come siamo abituate a fare tra noi”, spiega Sciaky portando poi l’esempio delle iniziative avviate in Israele. Qui “la Wizo è partner del governo in materia di Welfare: la proposta di legge sulla parità salariale tra i sessi presentata in Parlamento su nostra iniziativa è stata approvata e per noi è motivo di orgoglio”. Alla domanda invece se in Italia ci sia antisemitismo, Sciaky replica: “Purtroppo sì. Guardi cosa è successo a Predappio. È una menzogna dire che non ci sono più fascisti, in Italia. La differenza è che rispetto al passato se ne stanno buoni. Ma non voglio entrare in questioni politiche. Dico solo che per me è inconcepibile pensare di fare un salto nel passato”. Tra le protagoniste del Forum, ci sarà anche la senatrice a vita Liliana Segre: “chi più di lei può testimoniare cosa vuol dire subire discriminazioni?”.

Migranti. Dopo le polemiche per quello che era stato definito dai media “uno sbarco selettivo”, ora tutte le persone che erano state soccorse dalla “Humanity 1” e dalla “Geo Barents” sono state fatte sbarcare dalle navi nel porto di Catania. A sbloccare la situazione, scrivono Stampa e Repubblica, le pressioni dall’Unione europea sul governo italiano e la decisione della Francia, dopo un colloquio con Roma, di aprire i propri porti a una delle navi umanitarie, la “Ocean Viking”, che chiedeva di sbarcare in Italia. “La premier Giorgia Meloni non ha voluto creare un caso con l’Europa sul tema dei migranti. – scrive La Stampa – questa mossa non è piaciuta al vicepremier Matteo Salvini che voleva lo scontro con Bruxelles e avrebbe volentieri continuato le trattative sulla pelle dei migranti in mare. Meloni la pragmatica, invece, – l’analisi del quotidiano torinese – ha bisogno di Bruxelles e degli alleati, a partire dalla Francia, fondamentale per i negoziati su Patto di stabilità e tetto al prezzo del gas”. Sempre su La Stampa Roberto Saviano contesta le politiche del governo: “l’emergenza è il razzismo non i migranti”. E anche Gad Lerner sul Fatto Quotidiano critica in particolare il ministro dell’Interno Piantedosi.

Tenere viva la Memoria. Sulle pagine di Repubblica la storica Anna Foa riflette sulle parole della senatrice Segre: “Nel giro di pochi anni la Shoah sarà trattata in un rigo nei libri di storia, poi non ci sarà più neanche quello”. Un monito che Foa sottolinea debba essere preso sul serio. “Quello che è possibile non è una reiterazione della Shoah, almeno in questo nostro contesto, e nemmeno la sua negazione, come auspicano da sempre i negazionisti, bensì la perdita di senso e di valore della sua memoria”. Senso e valore che la storica vede incarnati nel Giorno della Memoria “unica ricorrenza civile ad essere stata adottata da tutti i paesi dell’Ue, sia pur con modalità e date diverse. Non è un caso, né un fatto marginale, ma un richiamo preciso a che fenomeni come la Shoah non debbano più ripetersi, contro nessuno e non soltanto contro gli ebrei. Un impegno a far sì che non succeda mai più”. Il pericolo, si legge nell’articolo su Repubblica, è “lo svuotamento del significato di monito universale” della Shoah, “la sua riduzione a un evento tragico ma lontano, e tale per di più da riguardare solo gli ebrei, da mettere in gioco solo l’antisemitismo ma non ogni razzismo”. Per Foa è “la sinistra che dovrebbe intervenire facendo sua questa battaglia” di difesa della Memoria e del suo significato.

Come Rabin e Arafat. Dalle pagine de La Stampa l’intellettuale Marek Halter lancia un appello al presidente russo Vladimir Putin affinché inizi a negoziare la pace con l’Ucraina. “Ricordiamoci, Signor Presidente, dell’israeliano Yizak Rabin e del palestinese Yasser Arafat, i cui negoziati sfociarono in una stretta di mano il 13 settembre 1993, data considerata ormai storica. – scrive Halter portando a esempio gli accordi di Oslo – Una mossa analoga donerebbe, a lei e al presidente Zelensky, l’occasione insperata di soddisfare le aspirazioni dei vostri popoli e di non agire secondo le ingiunzioni delle potenze straniere. So bene che è più facile dare inizio a una guerra che porvi fine. Tuttavia, mi sembra che i negoziati oggi rappresentino per entrambi la strada più onorevole e più corta verso la pace”.

Aperture da Kiev. Il presidente Zelensky intanto, riporta il Corriere, “apre ai colloqui di pace”. “Preoccupato dalla prospettata buona riuscita elettorale repubblicana e dalle pressioni che comunque stanno crescendo da Washington per cercare di dare spazio al negoziato con Mosca, Zelensky – scrive il quotidiano – abbandona l’opposizione di principio a trattare con Vladimir Putin e lancia un appello alla comunità internazionale affinché ‘costringa la Russia a veri colloqui di pace’”.

Mondiali in Qatar. L’ambasciatore dei Mondiali di Qatar 2022, l’ex calciatore Khalid Salman, ha definito in un’intervista alla tv tedesca Zdf l’omosessualità come “una malattia mentale”. Una frase che ha generato indignazione nella comunità internazionale. “Parole orribili”, ha replicato subito la ministra dell’Interno tedesca Nancy Faeser. “Nel mentre il Comitato organizzatore chiedeva la sospensione dell’intervista”, scrive La Stampa, aggiungendo che “ora si attendono le scuse dell’ambasciatore, in un braccio di ferro con i valori occidentali”.

Polemiche sul premio Goncourt. Selim Nassib, scrittore francese di origine ebraica libanese, doveva recarsi in qualità di giurato del premio francese Goncourt 2022 a Beirut. È stato però oggetto di attacchi da parte dei media libanesi legati al movimento terroristico di Hezbollah e per questo ha deciso di annullare il viaggio per “motivi di sicurezza”. Lo racconta il Foglio evidenziando come alcuni dei giurati e scrittori invitati abbiano deciso di solidarizzare con Nassin e altri invece siano partiti nonostante le minacce a quest’ultimo. Ora in Francia è nata una polemica. Tra chi ha preso posizione contro il Goncourt, Philippe Val, l’ex direttore di Charlie Hebdo, così come l’ambasciatrice di Israele in Francia, Yaël German. In un comunicato, riportato dal Foglio, la diplomatica afferma che andare a Beirut in queste condizioni rappresenta “un terribile affronto ai valori di libertà, tolleranza e apertura che caratterizzano la Repubblica francese” e accusa gli scrittore volati in Libano di essere “complici dell’antisemitismo”.

Daniel Reichel